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MISSOURI

(The Missouri Breaks, USA/1976)

Regia: Arthur Penn. Soggetto e sceneggiatura: Thomas McGuane. Fotografia: Michael Butler. Montaggio: Jerry Greenberg, Stephen A. Rotter, Dede Allen. Scenografia: Albert Brenner, Stephen Berger. Musica: John Williams. Interpreti: Marlon Brando (Lee Clayton), Jack Nicholson (Tom Logan), Kathleen Lloyd (Jane Braxton), Randy Quaid (Little Tod), Frederic Forrest (Cary), Harry Dean Stanton (Calvin), John McLiam (David Braxton), John Ryan (Si). Produzione: United Artists. Durata: 126'
Versione originale con sottotitoli italiani
Copia proveniente da Park Circus


Vituperato dalla critica americana per la sua bizzarria e i suoi eccessi, Missouri è all'origine una pura combinazione di producer e agenti. Penn racconta di essersi trovato a dirigerlo per soldi e senza reale interesse. Eppure il film che ne risulta, pur nella sua originalità un po' effettistica, è proprio un ‘film di Penn'. Cioè un altro scavo nella natura dell'America, una nuova metafora dell'America. In rapporto al western è uno degli ultimi esempi di un genere che poi languirà fin quasi a scomparire, ma che ha dato nel decennio precedente titoli di vigore e intelligenza straordinari. (Uscì quasi contemporaneamente a Buffalo Bill e gli indiani di Robert Altman, operazione più ‘fredda' e sistematica di demistificazione, meno riuscita, in definitiva, perché massacrata dal produttore De Laurentiis ma anche per il suo sforzo di distanziazione, così poco consono al genere).
Vediamo la struttura narrativa di Missouri, forzata oltre ogni indicazione di McGuane (che si dichiarerà molto insoddisfatto del film). Due mondi vi si confrontano: quello degli allevatoripionieri, ormai organizzato e irrigidito nella difesa degli interessi di una ‘società costituita', e quello degli ‘emarginati', che dal loro primitivo anarchismo sono stati respinti verso l'uscita dalla legge, subendo, via via, un'intima corruzione. Ciascuno di questi due mondi esprime un suo elemento rivelatore, un outsider che non condivide le regole del gruppo cui appartiene. Qui sono il ‘regolatore' Lee Clayton e il ‘ladro di cavalli' Tom Logan, e si noti come, fin dai nomi, essi appartengono a due aree che sono state nemiche: il Sud e il Nord; siamo a vent'anni dalla guerra di secessione, e il primo esprime la decadenza in follia del ‘cavaliere' meridionale, il secondo le aspirazioni ancora vive di una lincolniana ‘andata alla terra'. Questa situazione, presente in qualche modo in tutto il cinema di Penn, era esplosiva in film come Anna dei miracoli o Furia selvaggia, e presente anche nell'altro film di Penn con Brando, La caccia, dove si concludeva però in alleanza tra il rappresentante non servile della legge e i tre giovani, dalle nuove spinte morali, unici personaggi ‘puliti' del film.
Il confine delle esperienze è qui anche un confine storicogeografico: il titolo originale indica infatti quella zona su cui s'infransero le prime idilliache speranze dei pionieri, quella zona che segna un divisorio nella natura americana, e che indica, metaforicamente, il crinale su cui si muovono i due eroi. Ma la grande invenzione del film riguarda proprio il personaggio di Brando. Questo Proteo dalle mille facce, che ama solo i cavalli e non ama neanche se stesso, che detesta il suo datore di lavoro e che è paranoicamente assorbito dal suo compito - per unvolta un personaggio brandiano senza connotazioni masochiste se non nella sfida maniacale della caccia - si camuffa in più modi, tutti di un esasperato ritualismo. Ci sembra uscire dritto dritto dall'Uomo di fiducia di Melville, e anche qui è un'immagine del diavolo. Dice Si: "Andremo all'inferno insieme con Lee Clayton, a meno che non si venga a scoprire che il diavolo è proprio lui!".
Questa figura cangiante è tornata molto spesso nella letteratura americana: da Twain a Pynchon, da Barth a Nabokov (nel film Lolita, il personaggio di Peter Sellers). L'eroe dall'identità precaria, alla ricerca di una sua identità, ha di fronte un modello negativo di ‘adattamento' multiforme a una realtà multiforme come quella americana, che lo provoca e lo intriga. Penn (che di questo personaggio ha fatto un eroe positivo, a suo modo, nel Piccolo grande uomo) accentua gli aspetti deliranti del personaggio, e nello stesso tempo dà ad esso radici e retroterra sociali. Brando è la dissoluzione in stranezza e follia di un mondo di valori scomparsi e di pura apparenza, quale quello del Sud. "Brando non è mai lo stesso da una scena all'altra del film. Arriva vestito da indiano nascosto dietro il cavallo e va avanti rovinando una veglia funebre, tirando fuori il cadavere dalla bara piena di ghiaccio. Indossa una serie di travestimenti, selvaggi benché non arbitrari - il cappello bianco e la camicia a merletti di uno sfibrato gentiluomo meridionale, il vestito da coolie da operaio cinese delle ferrovie, l'abito scuro di un predicatore itinerante, il fantastico abbigliamento di una vecchia pioniera con la cuffia" (Philip French).
(Goffredo Fofi)


Aveva un'infinità d'idee. Brando lavora a partire da immagini visive. Gli ho detto che per me Clayton era un solitario, un uomo senza una propria identità fisica e che ‘ruba' i travestimenti degli altri. Non ha una sua uniforme riconoscibile. Brando è saltato immediatamente sull'idea e ha deciso lui che avrebbe cambiato abbigliamento ad ogni apparizione. L'idea del travestimento da vecchia pioniera è tutta sua, ad esempio, Brando sosteneva giustamente che Clayton è un uomo senza asse, senza centro, e che si finisce per riconoscerlo dal fatto che cambia continuamente personalità. Passa il suo tempo a cercare toilette stravaganti che gli diano un aspetto esteriore discordante. E infine è riconosciuto per queste identità prese in prestito. Ecco una geniale intuizione di attore messa in pratica in un film.
(Arthur Penn)


Il mio primo film dopo Ultimo tango a Parigi fu un western, Missouri. All'epoca versavo numerosi contributi per gli indiani d'America e Tetiaroa mi costava moltissimo. Avevo quindi bisogno di denaro. Non era certo un gran film, ma mi stavo divertendo a farlo. Durante la lavorazione girava marijuana e si organizzavano splendide feste; il cast comprendeva anche il mio amico e vicino Jack Nicholson e gran parte degli esterni venivano girati nella riserva Crow, nel Montana, dove scoprii un fiume meraviglioso e un sistema splendido per rilassarmi: seduto su una camera d'aria mi lasciavo trasportare dalla corrente.
Di sera, quando gli altri andavano in città, mi piaceva stare a leggere nella roulotte, sotto i pioppi. Il regista di Missouri era Arthur Penn, ma nessuno di noi, lui compreso, riteneva che la sceneggiatura valesse qualcosa, e quindi Arthur ci incoraggiava a improvvisare. Io riscrissi completamente la mia parte e mi inventai un sacco di sciocchezze. Avrei dovuto interpretare quello che nel copione veniva definito un ‘regolatore', ovvero un sicario che se ne andava in
giro per il West assassinando la gente; era un personaggio talmente noioso che decisi di cambiarlo un po'. Dapprima lo interpretai come se fosse un inglese, poi gli cambiai il nome e lo feci diventare un irlandese. Provai anche a fame un sicario travestito da donna e mi divertii a inventare un'arma formidabile ottenuta affilando le estremità di una chiave a croce per bulloni: ogni volta che la gettavo, volava come un frisbee e si infilzava in qualsiasi cosa; se una punta
mancava il bersaglio, ci pensava quella successiva.
(Marlon Brando)

 

Proiezioni:
Lunedì 8 agosto 2016
Piazza Maggiore
21.30
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema
Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

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