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LA FAMIGLIA BÉLIER

(Francia-Belgio/2014)

Regia: Éric Lartigau. Soggetto: Victoria Bedos. Sceneggiatura: Victoria Bedos, Stanislas Carré de Malberg. Fotografia: Romain Winding. Montaggio: Jennifer Auge. Scenografia: Olivier Radot. Musica: Evgueni e Sacha Galperine. Interpreti: Karin Viard (Gigi), François Damiens (Rodolphe), Eric Elmosnino (Thomasson), Louane Emera (Paula), Roxane Duran (Mathilde), Ilian Bergala (Gabriel), Luca Gelberg (Quentin). Produzione: Jerico, Mars Films, France 2 Cinéma, Quarante 12 Films, Vendôme Production, Nexus Factory, Umedia. Distribuzione: Bim. Durata: 105'
Versione originale con sottotitoli italiani e inglesi


Introduce Antonio Medici
A casa Bélier sono tutti dei gran chiacchieroni, eppure non vola una mosca. Logico, i Bélier sono sordi dalla nascita. Padre, madre, figlio, tutti sordi. Poi c'è Paula, la primogenita (Louane Emera). Che non solo ci sente benissimo, ma un giorno scopre di avere una voce magnifica. Perché Paula è la bocca e l'orecchio dei genitori, che hanno una fiorente tenuta agricola in Normandia ma comunicano solo - brillantemente - nel linguaggio dei segni. Dunque Paula, che a sedici anni non ha ancora avuto il suo primo ciclo, oltre ad andare a scuola è sempre pronta ad aiutare, magari accompagnando gli innamoratissimi genitori dal medico (scena esilarante). Figurarsi come ci resta quando un giorno il suo sarcastico professore di musica scopre che è nata per cantare, e se fosse pronta ad esercitarsi duramente potrebbe tentare il concorso a Radio France. Ma ce la farà Paula a mollare casa e genitori? Tra i non molti film dedicati ai sordi (Anna dei miracoli, Marianna Ucrìa, Figli di un dio minore, Nel paese dei sordi), nessuno aveva ancora tentato la commedia. A colmare il vuoto hanno tentato i soliti francesi con questo film che merita tutti i sette milioni di spettatori in patria. La famiglia Bélier prova che popolare non vuol dire né ovvio né sciatto, al contrario. Basta far esistere ogni personaggio fino in fondo, cogliendone ogni possibile sviluppo. Qui mamma e papà (Karin Viard e François Damiens, fenomenali) partono comici (la lingua dei segni è iperespressiva) ma finiscono depositari del lato più doloroso della vicenda. Il loro ‘handicap' non è la sordità (problema specifico) ma l'incapacità di accettare che un figlio possa crescere (problema universale).

Per estrema ironia, a portare via Paula sarà una forza che non capiscono, la musica, ma che possono intuire spiandone gli effetti durante il concerto di fine anno. Ma il film non cade mai nel sentimentale perché usa con intelligenza e rispetto tutto il potenziale anche comico dei personaggi. E resta saldamente ancorato al corpo: cantare o amare è la stessa cosa, spiega quel professore che brontola sempre ma è un ottimo maestro. Bisogna aprirsi, lasciar scorrere, trovare la propria voce. Sottile provocazione, le canzoni sono del popolare ma controverso Michel Sardou. Mentre la Emera viene dal talent The Voice. Per i più snob un affronto. Per noi una conferma. Popolari, ok. Ma non si può piacere a tutti...(Fabio Ferzetti)

Sono rimasto profondamente toccato dalla storia. Non c'è dubbio che la famiglia sia un soggetto universale che, peraltro, è stato trattato migliaia di volte nel cinema. Ma è un tema che mi piace e mi interessa, poiché è il luogo dell'epidermide, è il luogo dove nascono tutte le emozioni primarie, le sensazioni animali. Adoro esplorarlo. Le risate e le lacrime, l'ingiustizia provata da qualcuno confrontata con la verità sentita da qualcun altro. In quanto regista, mi piace non essere costretto a scegliere tra tutti questi modi di sentire. Amo la commedia tanto quanto la tragedia e adoro soprattutto mescolare i due estremi, come accade nella vita reale.

(Éric Lartigau)

 

Proiezioni:
Giovedì 21 luglio 2016
Piazza Maggiore
21.45
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

Cartolina della Serata

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