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IL CANTO DI PALOMA

(La teta asustada, Spagna-Perù/2009)

 


Regia e sceneggiatura: Claudia Llosa. Fotografia: Natasha Braier. Montaggio: Frank Gutierrez. Scenografia: Susana Torres, Patricia Bueno. Musica: Selma Mutal. Interpreti: Magaly Solier (Fausta), Marino Ballón (zío Lucido), Susi Sánchez (Aida), Efraín Solis (Noe), Bárbara Lazón (Perpetua), Karla Heredia (Severina), Delci Heredia (zía Carmela), Anita Chaquiri (nonna). Produzione: Wanda Visión, Oberon Cinematogràfica, Vela Producciones. Durata: 103'
Versione originale con sottotitoli italiani

 

Introduce Claudia Llosa

 

Il canto di Paloma racconta la storia drammatica di Fausta, nata da uno stupro. Nutrendosi, assorbe fobie da cui si difende con un tubero. Realtà e magia: alla sua opera seconda (premiata con l'Orso d'oro alla Berlinale 2009), la peruviana Claudia Llosa scrive e gira una storia di morte e di vita. A Lima, nella povertà di un 'barrio' assolato e polveroso, vive Fausta (Magaly Solier), una giovane india a cui la paura ha rubato l'anima. Così si racconta, e si crede. Tutto quello che le riesce di fare per tener lontana l'angoscia di questo suo vuoto, di questa sua mancanza, è intonare tristi canti in quechua, la lingua che al Perù viene dall'antico impero Inca. E cantando Fausta dà l'addio estremo a sua madre. Così inizia Il canto di Paloma, il cui titolo originale sta per ‘il seno impaurito': con il primo piano di una donna all'apparenza molto vecchia - ma forse solo consumata da quello che ha visto e subito - che ci racconta di venti e più anni prima, quando la guerriglia di Sendero Luminoso era all'apice. Incinta di Fausta, fu violentata. Di questo soffre Fausta, della malattia che proprio in quegli anni la credenza popolare riferiva ai molti stupri compiuti dai ribelli: i figli delle donne violentate, si diceva, ne bevevano lo spavento succhiando alla loro ‘teta asustada'. Un'altra credenza s'era diffusa in quegli anni. Per tener lontana la violenza, si immaginava, occorreva mettersi una patata nella vagina: qualunque uomo ne avrebbe provato ribrezzo. Questo crede Fausta, e questo fa. Dentro di sé nasconde quel talismano, quell'unica difesa che le resta, dopo che il male e la violenza le hanno rubato l'anima.
Mentre così entriamo nella storia triste e magica di Fausta, la sceneggiatura ci immerge nella vita del barrio, e ce ne mostra appunto l'anima, che nessun veleno e nessuna violenza sono riusciti a svuotare. [...] C'è amore per la vita, nel barrio di Fausta. In fondo, anche nella vagina di Fausta c'è una paradossale speranza di vita. Impegnata a raccogliere il denaro sufficiente per trasportare la madre fino alla sua tomba lontana, la giovane donna attraversa i suoi giorni come si attraversa un territorio infido e denso di pericoli. Ma lo fa cantando. Le parole e la musica le crescono nel cuore come nel ventre le crescono i germogli di quel suo talismano contro la paura. Questi e quelle nascono spontanei, e nella loro povertà nascondono una ricchezza insospettata. Dai secondi, che ostinati vogliono uscirle fuori e 'venire alla luce', nasce alla fine una decisione di vita. È povera come una patata, quella vita, e misera come i suoi  fiori. Ma è forte come la felicità degli adulti e dei bambini che nel barrio non smettono di danzare.

(Roberto Escobar)

 

Non è facile parlare di esperienze associate alla violenza estrema, alla violenza sessuale. Dolore e paura, vissuti in silenzio, con vergogna, con senso di colpa, lasciano un marchio indelebile, che genera altre paure legate al fatto di essere donna in un contesto di maltrattamenti e abusi. Condivido l'idea che aprire degli spazi di riflessione sia l'unico modo per facilitare il dialogo su un argomento tanto doloroso, e questo film è stato concepito come un percorso di guarigione.

(Claudia Llosa)

Proiezioni:
Mercoledì 13 luglio 2016
Piazza Maggiore
21.45
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema
Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

Cartolina della Serata

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