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ELIANA E GLI UOMINI

(Fra/1956) di J. Renoir (96')

Regia: Jean Renoir. Sceneggiatura: Jean Serge, Jean Renoir. Fotografia: Claude Renoir. Montaggio: Borys Lewin. Scenografia: Jean André. Musica: Joseph Kosma. Interpreti: Ingrid Bergman (Elena Sokorowska), Jean Marais (il generale François Rollan), Mel Ferrer (il conte Henri de Chevincourt), Magali Noël (Lolotte), Juliette Gréco (Miarka), Jean Richard (Hector Chagnol), Léo Marjane (la cantante di strada), Pierre Bertin (Martin-Michaud), Frédéric Duvallès (Gaudin). Produzione: Franco-London-Film, Les Films Gibé, Electra Compagnia Cinematografica. Durata: 96'
Copia proveniente da Gaumont

Introduce Andrea Peraro


Eliana e gli uomini è un Renoir dei giorni migliori. Si può vedere in Eliana la realizzazione dell'ideale di Jean Renoir, ritrovare lo spirito dei primitivi, il genio dei grandi pionieri del cinema: con Eliana il cinema ritorna alle sue origini e Renoir alla sua giovinezza. Per quelli che credono di poter rimproverare agli ultimi film di Renoir di estraniarsi troppo dal mondo nel quale viviamo riassumerò Eliana e gli uomini: alla vigilia della Grande guerra la festa del 14 luglio è celebrata da una folla in delirio che acclama il generale Rollan; un banale incidente diplomatico ha creato una psicosi di guerra e l'entourage del generale approfitta della situazione per tentare di rovesciare il governo; per le strade si canta: "È così che il destino, lo ha messo sul nostro cammino...". Due anni dopo l'uscita di Eliana, il generale De Gaulle lanciava il suo "Je vous ai compris" a favore dell'agitazione algerina sostenuta dai suoi fautori, a riprova che c'è sempre da qualche parte un generale... Quello di Jean Renoir (interpretato da Jean Marais) presenta per lo meno due vantaggi: preferisce le donne al potere e inoltre ci fa ridere. Eliana dice la verità sui capi che ci governano, che hanno deciso di governarci e di farci felici anche nostro malgrado e se vi sembra sorprendente che questo film realista sia anche una favola, ascoltate la risposta di Jean Renoir: "La realtà è sempre magica. Per riuscire a rappresentare la realtà non magica, è necessario che certi autori si facciano molto male e la presentino sotto una luce davvero strana. Se la si lascia come è, allora è magica".

(François Truffaut)


Dire che Renoir è il più intelligente dei cineasti significa dire che è francese fino alla punta dei capelli. E se Eliana e gli uomini è ‘il' film francese per eccellenza, è perché è il film più intelligente del mondo. La nostra bella Eliana non è che una musa di provincia. Ma alla ricerca dell'assoluto. Perché filmando Venere fra gli uomini, Renoir per un'ora e mezza sovrappone il punto di vista dell'Olimpo a quello dei mortali. Di fronte ai nostri occhi, la metamorfosi degli Dei cessa di essere uno slogan a buon mercato per diventare uno spettacolo di una comicità straziante. In virtù del più bello dei paradossi, in effetti, in Eliana gli immortali aspirano a morire. Per essere sicuri di vivere, bisogna essere sicuri di amare. E per essere sicuri di amare, bisogna essere sicuri di morire. Ecco quello che scopre Eliana fra le braccia degli uomini. Ecco la strana e dura morale di questo ‘fabliau' moderno travestito da opera buffa.

(Jean-Luc Godard)


segue
UN VIAGGIO DI CENTO ANNI
(Italia/2015) di Pupi Avati (34')

Regia e sceneggiatura: Pupi Avati. Fotografia: Cesare Bastelli. Montaggio: Ivan Zuccon. Scenografia: Giuliano Pannuti. Interpreti: Dario Penne (narratore). Produzione: Antonio Avati per FS Italiane, con il patrocinio del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. Durata: 34'

Introduce Pupi Avati


Già nella mia prima infanzia il treno divenne pretesto di fantasticazione attraverso i racconti straordinari dello zio Giulio, uno di coloro che avevano scavato la Direttissima, quella galleria di diciotto chilometri che univa Bologna a Firenze, l'opera più significativa del regime. L'aver trascorso così tanti anni dentro il cuore della montagna, affrontando difficoltà di ogni genere, rischiando di restare sepolti da improvvisi crolli, travolti da allagamenti o fuoriuscite di gas o da animali misteriosi a suo dire micidiali, aveva alimentato a tal punto la sua fantasia da permettergli di raccontare, ogni volta che mia madre mi conducesse da lui, una nuova straordinaria vicenda. Che si concludeva comunque e ineluttabilmente con il giorno benedetto in cui le due squadre, quella toscana e quella emiliana, al cospetto delle autorità abbattevano l'ultimo diaframma in un tripudio di fanfare e di canti. Poi il transitare di quel primo convoglio che avrebbe ridotto a poco più di un'ora i tempi di percorrenza fra Bologna e la città del giglio. Avvicinando in modo significativo due parti del nostro paese talmente diverse da far sostenere ai miei nonni che a Firenze iniziava il Meridione! Il treno nella mia giovinezza lo rammento anche come una sorta di incubo. Erano gli anni dell'università, frequentavo scienze politiche e il preside della facoltà fiorentina era Giovanni Spadolini, di una severità senza eguali. Le lezioni iniziavano alle otto e trenta. Il solo convoglio possibile partiva da Bologna alle sei. Un vagone di ragazzi assonnati costretti a ripassare storia del diritto pubblico o privato, in un clima di legittima insofferenza. Ma per rammentare un viaggio davvero festoso debbo riandare a un notturno di terza classe del novembre 1950, l'anno santo. Un treno provvisto di cuccette, destinazione la capitale. Vi saliamo io, mia madre, vedova da poco, mio fratello che ha solo quattro anni, Tonina, la nostra domestica, e mia sorella Mariella. Abbiamo come guida spirituale e turistica padre Anastasio, un cappuccino che si era impegnato a farci visitare tutta Roma in un solo giorno, senza perdere nulla. Impresa da guinness dei primati, soprattutto per Tonina che, imperterrita, non perderà né una basilica né un sito archeologico portandosi in braccio mio fratello Antonio che non ha voglia di camminare. Siamo arrivati all'alba e siamo rientrati autenticamente distrutti la notte stessa, salendo boccheggianti su un accogliente vagone letto che ci avrebbe ricondotti a casa. Ma in padre Anastasio e in tutti noi la bella convinzione di avere davvero visto tutto quello che di Roma si poteva e si doveva vedere. Mi ricordo soprattutto Tonina che, morta di stanchezza, guarda sbalordita la volta della Cappella Sistina. Un viaggio stile anni ‘50 che forse meriterebbe un film. Da qui è nata l'idea del mediometraggio. Ho pensato a quei vagoni che si inerpicavano sulla Porrettana portando i coscritti verso terribili trincee di morte o al viaggio del Milite ignoto da Aquileia alla capitale. Ho immaginato Mussolini che arrivava da Milano per la Marcia su Roma. Le carrozze che negli anni ‘50 e ‘60 portavano gli emigranti verso Torino e le città industrializzate, gli ebrei nei vagoni piombati, ma anche il Settebello. E mi chiedo, per il futuro, quale ruolo avrà il treno su cui viaggeremo a 360 all'ora. Raccontare l'Italia, come se ogni vagone fosse un pezzo di questa storia lunga cento anni, è stata per me un'opportunità eccitante, che si è concretizzata grazie all'eccezionale patrimonio storico della Fondazione FS Italiane. Girando questo film, ho scoperto un contesto formato da individui dotati di un grande spirito di appartenenza, dai vertici ai semplici ferrovieri tutte persone appassionate allo stesso modo. Un elemento assolutamente sorprendente in un paese che spesso vive nel disamore.

(Pupi Avati)

Serata promossa da Cotabo

Proiezioni:
Sabato 8 agosto 2015
Piazza Maggiore
21.45
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema
Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

La cartolina della serata

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