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NEBRASKA

(USA/2013) di A. Payne (110')

Regia: Alexander Payne. Sceneggiatura: Bob Nelson. Fotografia: Phedon Papamichael. Montaggio: Kevin Tent. Scenografia: Fontaine Beuchamp Hebb. Musica: Mark Orton. Interpreti: Bruce Dern (Woody Grant), Will Forte (David Grant), June Squibb (Kate Grant), Stacy Keach Jr. (Ed Pegram), Bob Odenkirk (Ross Grant), Mary Louise Wilson (zia Martha), Rance Howard (zio Ray), Tim Driscoll (Bart), Devin Ratray (Cole), Angela McEwan (Peg Nagy), Glendora Stitt (zia Betty). Produzione: Bona Fide Production. Durata: 110'

Introduce Andrea Peraro


Tornando per la quarta volta a casa, nel Nebraska, Alexander Payne ci racconta una storia on the road intimista, scritta da Bob Nelson, soffusa, fatta di niente e di tutto, con importanti pause, con l'insegna al neon psicologico della malinconia. Al centro del film, bello e struggente (ricorda il Lynch di Una storia vera), un rapporto andato a male tra padre e figlio, un vecchio beone che parte a piedi dal Montana per ritirare l'inesistente premio di una lotteria: il figlio per pietas gli dà un passaggio a colmare silenzi, apatie, vuoti del passato. Tipico della cultura americana (basti pensare al Miller del Commesso viaggiatore), l'incontro scontro tra due generazioni andrà a buon fine, mentre la situazione si evolve nel più assoluto e grottesco cinismo. Tappe molto made in Usa, dal saloon alla zuffa al cimitero di Spoon River. Nel Midwest americano, un deserto psicologico, sembra di sentire le ballate di Guthrie, o Song di Springsteen o vedere quel capolavoro che era L'ultimo spettacolo di Bogdanovich cui lo unisce la scelta stilistica e morale di un magnifico bianco e nero: una fotografia da Oscar di Phedon Papamichael che recupera il valore della memoria delle storie e della storia come fossimo nei paesaggi rurali di Faulkner. Payne, cecoviano stilista interiore di uomini in panne, narratore di torti quotidiani e dissolvenze di famiglia, prende per mano Bruce Dern, grande dell'America dei Settanta (Tornando a casa, Complotto di famiglia), e lo riporta in vetta con un'interpretazione di rara sensibilità che lo riscatta dall'aver sparato alle spalle a John Wayne nei Cowboys. Strepitosa anche l'interpretazione del figlio Will Forte che esprime al meglio la pulsione piccolo borghese.

(Maurizio Porro)

Fin dagli inizi ho sempre pensato che Nebraska dovesse essere girato in bianco e nero, ma la produzione si è dimostrata fin da subito nettamente contraria a questa ipotesi. Erano davvero tutti contrari, ad eccezione mia e del direttore della fotografia. Avevo cominciato ad allontanarmi dal progetto. Il novanta per cento dei film che guardo è girato in bianco e nero. Il bianco e nero ha abbandonato il cinema solo per motivi commerciali, ma non ha mai lasciato la fotografia d'autore. Non posso essere un regista cinematografico e non aver mai girato almeno un film in bianco e nero, quindi rispondevo a chi criticava la mia idea: "Qualcuno può provarmi con certezza che un numero minore di persone abbia visto Manhattan, Toro scatenato o Schindler's List a causa del bianco e nero?".

(Alexander Payne)

Non mi era mai stato proposto un ruolo così bello in tutta la mia carriera. E non mi sono mai trovato tanto bene con un regista. Con Woody ho potuto fare qualcosa che non avevo mai fatto prima. Non è un ribelle arrabbiato o un killer spietato. Non comporta dover mettere in campo tutti quelle cose ‘alla Dern'. È un tipo che vive semplicemente e non vuole cambiare. In un certo senso è il monumento ad un sacco di persone come lui che hanno fatto l'America. Alexander mi ricorda Preston Sturges e Frank Capra. Esamina i comportamenti degli esseri umani e le loro motivazioni: è affascinato dal comportamento delle persone e si vede dal modo in cui dirige.

(Bruce Dern)

Proiezioni:
Martedì 4 agosto 2015
Piazza Maggiore
21.45
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema
Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

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