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ASFALTO CHE SCOTTA

(Classe tous risques, Ita-Fra/1960) di C. Sautet (110')

Regia: Claude Sautet. Soggetto: dall'omonimo romanzo di José Giovanni. Sceneggiatura: José Giovanni, Pascal Jardin, Claude Sautet. Fotografia: Ghislain Cloquet. Montaggio: Albert Jurgenson. Scenografia: Rino Mondellini. Musica: Georges Delerue. Interpreti: Lino Ventura (Abel Davos), Jean-Paul Belmondo (Eric Stark), Sandra Milo (Liliane), Marcel Dalio (Arthur Gibelin), Jacques Dacqmine (il commissario Blot), Claude Cerval (Raoul Fargier). Produzione: Filmsonor, Mondex Films, Les Films Odéon, Zebra Film. Durata: 110'
Versione originale con sottotitoli italiani
Copia proveniente da TF1 Droits Audiovisuels

Introduce Roberto Chiesi

 

Ho adorato Asfalto che scotta. Fu la mia prima recensione. Pierre Billard, il direttore di "Cinéma 60" mi aveva autorizzato a fare un articolo per la seconda parte della rivista, che significava non più di trenta quaranta righe. Quell'articolo terminava con qualcosa del tipo "Alcuni diranno che Asfalto che scotta è un film di serie B, ma B come Boetticher vale assai di più che A come Allégret". Ho difeso molto quel film, ho chiamato Sautet e penso di avergli fatto la prima intervista della sua carriera. Abbiamo parlato molto del western e della sua influenza sul film. Poi siamo rimasti in contatto e addirittura è andato a trovare i miei genitori per convincerli a lasciarmi fare il cinema! Lui e Jean-Pierre Melville sono stati i due 'padrini' che mi hanno permesso di diventare regista e che hanno creduto in me.
Alla sua uscita Asfalto che scotta ha ricevuto un'accoglienza scandalosa. Un gran numero di articoli non erano solo imbecilli ma addirittura ripugnanti, prova di una mancanza di discernimento, d'una incapacità totale di vedere la forza della messa in scena. I primi venticinque minuti di Asfalto che scotta annunciano molto chiaramente la nascita di un vero regista. Successivamente il film si piega alle esigenze e alle regole del genere. Rimane ancora oggi fra i migliori polizieschi francesi e uno di quelli meglio invecchiati rispetto ad altri titoli dell'epoca.
Il film è stato completamente eclissato da Fino all'ultimo respiro. Invece di lodare Belmondo, di sottolineare la differenza di registro fra i due film, era come se ci fosse da una parte il Belmondo rivoluzionario di Godard e dall'altra quello convenzionale di Sautet. E invece nel film di Sautet Belmondo dà prova di una fragilità, di un fascino che non ritroverà mai più nel corso della sua carriera. Quando ferma l'ambulanza e soccorre Sandra Milo, dà una lezione al tipo che la picchia sul ciglio della strada e poi se ne torna verso lei dicendo ""Se ho qualcosa di buono, è il mio sinistro", Belmondo è sublime. Totalmente diverso dal Michel Poiccard di Fino all'ultimo respiro, ma appunto questo dimostra la versatilità del suo talento. E questo le persone non sono riuscite a capirlo. Successivamente, grazie a gente come Pierre Rissient, c'è stata una rivalutazione di Asfalto che scotta. Ma c'è voluto del tempo. Quando si fa un bilancio degli anni Sessanta, pressoché esclusivamente associato alla nouvelle vague, penso che Asfalto che scotta rimanga uno dei film più misconosciuti, che una gran parte della critica ha ignorato o non ha saputo vedere.

(Bertrand Tavernier)

 

Il segreto della creazione artistica resta, così come la volgarità, uno dei grandi misteri assoluti. È una cosa che non si imparara. Al cinema come altrove. Nel 1896 Pablo Picasso non aveva preso alcuna lezione, così come Erroll Garner nel 1945. La stazione di Milano, l'ufficio postale di Nizza, il passage Doisy (tanto caro a Peugeot) Sautet non li ha imparati in film di altri. Immaginate per un istante la storia ambientata negli Stati Uniti o in Messico o in Canada , con Robert Ryan e Sinatra, e ditemi se Sautet non sarebbe considerato un grande da quelle parti!
Ditemi che non avrebbe potuto firmare Qualcuno verrà, Strategia di una rapina, Lo spaccone o Giungla d'asfalto. Si parla spesso di film in cui in cui i rapporti fra gli uomini, l'amicizia, hanno un'enorme importanza. Io ho assolutamente creduto all'amicizia tra Abel Davos e Stark. È qualcosa di interiore e non il risultato dei dialoghi. Il comportamento dei due uomini rende espliciti i loro sentimenti senza che sia necessario che parlino della loro amicizia. È un po' per lo stesso motivo che non sono riuscito a credere all'amicizia fra Jules e Jim che al contrario ne parlano spesso.
Ovviamente non voglio contrappore la maniera di Sautet a quella di Truffaut: il classicismo puro e il nuovo cinema sono due aspetti della stessa arte.

(Jean-Pierre Melville)

 

Proiezioni:
Martedì 28 luglio 2015
Piazza Maggiore
21.45
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema
Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

La cartolina della serata

Tipo di File: PDF Dimensione: 1,009.97 Kb