ARANCIA MECCANICA
Girato subito dopo il monumentale 2001: Odissea nello spazio, il film di Kubrick può
sembrare l'esatto rovescio dell'opera precedente. 2001 comportò infiniti rimaneggiamenti di sceneggiatura, la lavorazione in teatro di posa si protrasse per un anno e mezzo e costò dieci milioni di dollari; Arancia meccanica fu realizzato a costi ridotti, girando quasi interamente in ambienti reali e usando come sceneggiatura lo stesso romanzo di Burgess, sulla cui base regista e attori davano libero corso all'improvvisazione. Tanto il futuro di 2001 assumeva le sembianze di una tecnologia asettica e disumanizzata proiettata nel cosmo, tanto l'avvenire piccolo borghese dell'Inghilterra Arancia meccanica promette solo fatiscenti periferie metropolitane, tra ascensori rotti, graffiti osceni, barbarie di ogni sorta. La scimmia preistorica, divenuta feto astrale alla fine di 2001, non sfocia nel superuomo, ma regredisce fino a ritrovare le proprie origini, neonato bestiale "senza legge" (A-lex). E se 2001 era quasi privo di dialoghi, A Clockwork Orange è sommerso dalla spettacolare logorrea di Alex, che col suo "nadsat" (un misto di neologismi, inglese cockney, russo, espressioni forbite e
scatologia infantile) raddoppia e al contempo raffredda ironicamente l'azione, prefigurando il sardonico narratore di Barry Lyndon (1975) e dando al film la grottesca tonalità di una satira (o "fiaba", come lo stesso Kubrick amò definirlo) memore di Swift e di Voltaire.
Tutto finisce in farsa, compresa la stessa violenza, che malgrado la sua distanziata coreografia non mancò di destare uno scandalo senza precedenti, al punto da convincere il regista a interrompere la distribuzione inglese del film (che fu riproiettato sugli schermi solo dopo la sua morte). Burgess stesso si pentì del successo del libro e del film, e rimproverò a Kubrick di non aver tenuto conto del capitolo finale, che in un incongruo moralismo vedeva Alex tornare nei ranghi della vita borghese. Il regista preferì invece mettere sullo stesso piano la violenza privata e la violenza di Stato, presentandole come il complice nodo su cui prospera e declina la nostra civiltà. Alex è al contempo un uomo libero e uno schiavo, una vittima e un carnefice, e lo spettatore non può che provare un'ambiguo sentimento di simpatia/repulsione per il protagonista. In un mondo di manichini, il suo allegro furore nichilista privo di vincoli morali non trova contraddittori degni di considerazione, e lo stesso cappellano - il cui discorso sul libero arbitrio riflette le convinzioni di Kubrick - è ridotto a una caricatura.
Rifiutandosi ostinatamente di sciogliere l'aporia, privando lo spettatore di qualsiasi messaggio consolatorio, A Clockwork Orange è una straordinaria - perché onesta - riflessione cinematografica sulla violenza. Il film assunse presto la dimensione del mito, grazie ai costumi (in particolare quelli di Alex e dei suoi drughi: bombetta, tuta bianca, anfibi, occhi finti e sanguinolenti a mo' di polsini, bastone, maschere, finti nasi fallici e pinocchieschi), alle scenografie (il Korova Milk Bar, con le sue bianche statue di donne nude, il cui seno si offre all'avventore spillando niveo lattepiù), il montaggio pop-art e "musicale", l'uso stravolto - geniale contrappunto - di brani di musica classica (Purcell, Rossini, Beethoven) e di musica leggera (Singin' in the Rain), le riprese che vedono susseguirsi lentissimi carrelli, rapidissimi zoom, ralenti, accelerazioni, obiettivi deformanti, cinepresa tenuta a mano (dallo stesso Kubrick), il tutto sotto l'algido bagliore di una fonte di luce quasi sempre in campo.
(Altiero Scicchitano)
Tariffe:
Ingresso gratuito