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L’ULTIMA CORVÈ

(USA/1973) di Hal Ashby (103')

Introduce Cecilia Cenciarelli

 

Dalla mia esperienza di montatore ho imparato a cercare di lasciare ogni cosa aperta. In altre parole, non faccio tagli in macchina; lascio ogni cosa più aperta che posso, perché ciò consente di avere più alternative.Tendo a girare una quantità di pellicola maggiore della media, specie quando ho a che fare con un attore come Jack Nicholson. Faccio quattro o cinque riprese; ma quello che voglio realmente da lui sono quattro o cinque variazioni, piccole variazioni all'interno del personaggio e del contesto. Funziona.
(Hal Ashby)


Le lunghe dissolvenze incrociate che contrappuntano il viaggio dei tre marmittoni di L'ultima corvé definiscono la tonalità tipica dei film di Ashby: una lenta diluizione, uno scivolamento dei corpi e delle idee, una certa impotenza volontaria a tradurre in fatti concreti (o in immagini) quel che si continua a ribadire a parole. Ne risulta una strana malinconia, a un tempo ironica e risentita. Due marinai (Jack Nicholson, scatenato, e Otis Young) devono scortare in prigione un terzo, il giovane Meadows (Randy Quaid), grosso, cleptomane e un po' tardo. Meadows dovrà scontare otto anni di reclusione per aver cercato di rubare alla moglie d'un ammiraglio qualche dollaro destinato alle opere buone. Senza fare resistenza, si lascia condurre in autobus e in treno, fino a che i suoi guardiani, sempre meno indifferenti all'ingiustizia della sua condanna, decidono di fargli passare un po' di tempo a far baldoria. Deviazioni di percorso, derive goliardiche, bevute e la visita a un bordello rallentano il cammino e fanno affiorare, alla fine d'ogni sequenza, la possibilità sempre più forte d'una presa di coscienza: Meadows potrebbe scappare, ma quest'idea sembra non riuscire a farsi strada nella sua mente, o svanire come un'immagine troppo fragile [...] Il percorso non sarà servito che a far crescere sentimenti senza conseguenze - e ancora una volta, in agguato sotto il comico, quel che possiamo chiamare l'amarezza.
(Cyril Béghin)


Un'Odissea in cinque giorni di birra, bravate e bordello, e uno dei film migliori del nuovo cinema americano anni Settanta. La dura, sboccata sceneggiatura di Robert Towne (Chinatown) non cede per un attimo alle insidie del sentimentalismo. La regia energica di Hal Ashby infonde a scene potenzialmente informi un respiro istintivo e potente. La fotografia di Michael Chapman (Taxi Driver, Toro scatenato) colloca ogni digressione e ribellione sullo sfondo di uno scorticato paesaggio invernale, che pare infestato dal doppio spettro del Vietnam e di un presidente imbroglione già sull'orlo della propria rovina. Ma il vero fulcro del film sono le performance stellari: e il marinaio Jack Nicholson, masticatore di sigari e di oscenità, è una delle più grandi incarnazioni di machismo esibizionista mai viste sullo schermo.
(Keith Uhlich)

Proiezioni:
Sabato 20 luglio 2013
Piazza Maggiore
22.00
L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema
Lingua originale con sottotitoli Lingua originale con sottotitoli

Tariffe:

Ingresso libero

Dettagli sul luogo:

Documenti

Cartolina della serata

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