LA CAMPANA HA SUONATO
(Silver Lode, USA/1954) di Allan Dwan (80')
Regia: Allan Dwan. Sceneggiatura: Karen De Wolf. Fotografia: John Alton. Montaggio: James Leicester. Scenografia:Van Nest Polglase. Musica: Louis Forbes. Interpreti: John Payne (Dan Ballard), Lizabeth Scott (Rose Evans), Dan Duryea (Fred McCarthy), Dolores Moran (Dolly), Emile Meyer (sceriffo Woolley), Robert Warwick (giudice Cranston), John Hudson (Mitch Evans), Harry Carey Jr. (Johnson), Alan Hale Jr. (Kirk). Produzione: Benedict Bogeaus per Pinecrest Productions. Durata: 80'
Copia proveniente da George Eastman House per concessione di Sikelia Productions
"Se c'è un tema comune alla sua intera opera" scrive Peter Bogdanovich nell'introduzione all'intervista con Allan Dwan "ha molto a che fare con la varietà dei suoi personaggi, con l'ottimismo, con l'umanità; ritroviamo dovunque la sua generosità e il suo humour spesso geniale". I film di Dwan parlano di persone semplici, delle loro vite e della loro innocenza, vite normali e dignitose in cui si riflette "un senso profondo dello spirito umano, indomito e immortale".
E dunque, che cos'è successo alla gente in Silver Lode? Il film ci arriva come un messaggio da un'epoca dura - gli anni del maccartismo, dei quali è una finissima testimonianza, pur se all'epoca fu accolto come banale titolo di seconda classe (John Payne al posto di John Wayne...). Tra i tanti grandi western del più grande decennio che il genere abbia conosciuto, nessuno più di Silver Lode sembra fedele alla norma; Serge Daney ha parlato di un'air de famille dell'epoca, l'epoca del 'western interiore', a un tempo arcaico e raffinato, con un che di magico nel suo dipanarsi sempre intorno alla "storia di un segreto". Siamo all'inizio di un periodo favoloso nella produzione di Dwan: dieci film in cinque anni con il produttore Benedict Bogeaus e (soprattutto) con il leggendario direttore della fotografia John Alton.
Silver Lode è un capolavoro singolare e tempestivo, non solo l'occasionale incontro con una sceneggiatura di particolare qualità. L'immagine che Dwan qui riesce a comunicare
con tanta forza è profondamente e personalmente sentita, prima ancora che portata sullo schermo: l'immagine della pace mentale, del paradiso perduto. La bellezza concettuale di tutto ciò è che quest'immagine prismatica emerge direttamente dalla mise-en-scène, come ha indicato Jacques Lourcelles scrivendo che il film è "di un classicismo assoluto". Parlando del film Dwan era, secondo il suo stile, modesto: "Non era proprio un film politico, come è stato detto. Piuttosto la descrizione satirica di una piccola comunità ipocrita. Il tema mi piaceva molto: un uomo viene falsamente accusato, e altrettanto falsamente verrà scagionato". Forse Silver Lode non era proprio un film politico, ma i suoi snodi ironici funzionano comunque - il ritratto di una stagione politica e del suo vacuo paesaggio mentale non è meno vigorosa per il fatto che veste i panni del western. L'apparente distanza è anzi quasi un vantaggio: acuisce il senso di terrore psicologico, di conformismo brutale, del male che serpeggia in forma demagogica attraverso tutte le sacre istituzioni: la scuola, l'ufficio del sindaco, il tribunale, la chiesa. È il riflesso del profondo disgusto per una civiltà che si è corrotta, per cittadini mentalmente infiacchiti e aggressivi che si trasformano con sconcertante facilità in una massa pronta al linciaggio.
Infine, quel dettaglio sempre citato: il cattivo, interpretato dal magnifico Dan Duryea, ha persino un nome familiare: McCarthy...
(Peter von Bagh)
precede
Omaggio a Claudio Abbado per i suoi 80 anni
Estratto da:
L'ALTRA VOCE DELLA MUSICA. IN VIAGGIO CON CLAUDIO ABBADO TRA CARACAS E L'AVANA
(Italia/2006) di Helmut Failoni e Francesco Merini
Trailer di:
L'ORCHESTRA. CLAUDIO ABBADO E I MUSICISTI DELLA MOZART
Documentario in corso di lavorazione di Helmut Failoni e Francesco Merini
Introduce Helmut Failoni
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