UN MERCOLEDÌ DA LEONI
(Big Wednesday, USA/1978) di J. Milius (120')
Introduce Andrea Meneghelli
Precede, alle ore 21.10, l'incontro "Più di un secolo di Barca in foto"
Il surf rimette le cose nella loro giusta scala: vedere una stella  del cinema non mi ha mai impressionato quanto un'onda gigante.
John Milius 
John  Milius arriva a Big Wednesday dopo una brillante carriera da  sceneggiatore (sua è la prima stesura di Apocalypse Now, capolavoro di  Francis Ford Coppola) e un esordio alla regia nel 1973, con Dillinger,  che lo segnala come uno degli autori più talentuosi della New Hollywood.  Il successo anche economico gli permette di dedicarsi a un progetto  personale in cui sono evidenti forti elementi autobiografici: Milius ha  infatti partecipato in prima persona all'epopea del surf, facendo parte,  negli anni Sessanta, della ristretta cerchia dei surfisti californiani.  Il film si costruisce intorno a una delle mitologie di questo sport,  quella del Grande Mercoledì, giorno in cui ogni generazione di surfisti  incontrerà una mareggiata così grande da spazzare via tutto quanto è  successo prima. Ed è questo il tema centrale del film: la contraddizione  tra la Storia, il trascorrere del tempo e degli anni, il doversi  piegare alle costrizioni sociali e biologiche e la volontà di  riaffermare attraverso un atto palingenetico la propria individualità  senza tempo, fissata in una continua giovinezza che è coestensiva al  tempo del surf. Rimanere sulla cresta dell'onda non è allora solo un  virtuosismo surfistico, diventa invece la metafora figurativa del  tentativo di sottrarsi al tempo, di riuscire a cavalcarlo come un'enorme  onda, prolungando all'infinito un attimo felice di perfetto controllo,  di padronanza di sé, in cui la giovinezza non ha ancora subito le  imposizioni della vita. Questa tematica dà luogo nel film a una  narrazione fortemente strutturata attraverso esplicite opposizioni:  l'acqua, il vento e la spiaggia, luoghi privilegiati del surf e spesso  connotati di un vitalismo euforico, opposti ai luoghi di terra, la casa,  il cimitero, il locale messicano, il Vietnam (mai mostrato  direttamente), segnati dallo scorrere della vita sociale e spesso dalla  morte. E anche la temporalità del surf si oppone a quella della vita  sociale, la prima perfettamente circolare, scandita dall'eterno ritorno  delle stagioni, delle mareggiate, del succedersi delle generazioni che  affrontano il destino del surfer, la seconda inesorabilmente lineare,  destinata a cancellare la giovinezza, le amicizie, le grandi imprese di  un tempo.
 Guglielmo Pescatore
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