IL SORPASSO
(Ita/1962) di D. Risi (105')
Se dovessimo consegnare ai nostri pronipoti un film solo, che  dia loro un'idea il più possibile completa e sfaccettata di cosa  furono gli anni Sessanta italiani, potremmo scegliere Il sorpasso.  Forse, l'impressione di esattezza che ancora oggi ne ricaviamo dipende  dalla semplice genialità di un assunto: quell'Italia, squassata da un  boom leggendario quanto contraddittorio, è una Aurelia decappottabile e  supercompressa lanciata a tavoletta sulle strade del Ferragosto.  Siccome Dino Risi è un narratore formidabile, il resto sembra sgorgare  per naturale conseguenza, fino all'inevitabile curvone conclusivo; il  mattatore euforico e fondamentalmente solo al volante, il giovanotto  spaesato che finisce per caso sul sedile a fianco, la muraglia di carne  indifferenziata che affolla le spiagge, il rancoroso cipiglio di una  moglie e l'inafferrabile angelico sorriso di una figlia. [...] Anni fa  Dino Risi pubblicò un libro dal titolo I miei mostri, più che una  biografia una raccolta di pensieri e ricordi, vivace zibaldone di storie  vere e immaginarie, attraversato da taglienti cambi d'umore. Inizia  così: "Il cinema è il mestiere più bello del mondo. Per tutti (o  quasi) quelli che ci lavorano". E finisce così: "La morte, ha detto  Saul Bellow, sarà una grande noia. Non è vero. La morte sarà  bellissima. E, aggiungo, ricca di sorprese".
 Andrea Meneghelli
Il personaggio di Gassman era quello di un velleitario, un  incostante, un superficiale, aggressivo, un po' fascista, ma con una  sua forza d'urto, e avevo avuto in mente qualche persona di mia  conoscenza nel costruirlo. All'inizio pensavamo che Trintignant dovesse  ribellarsi a Gassman, ma insomma poi, ragionandoci, il finale era più  giusto. Trintignant me l'avevano offerto e non lo volevo, poi me lo  hanno fatto conoscere ed era straordinario, perfetto per il ruolo. Io  l'avevo visto in un brutto film e per questo ne avevo avuto una cattiva  impressione. Due attori calibrati, perfetti. E alle spalle queste  vacanze del boom: tempo di euforia con un fondo un po' cupo, tempo di  relax e di falsità, una specie di stasi provvisoria in cui la gente  tira spesso fuori il peggio. Ma anche tempo di vagabondaggio, di  conoscenze e messe a confronto con gente che normalmente non capiterebbe  mai di incontrare.
 Dino Risi
È un film felice, girato in sei settimane, poi improvvisato per un  altro trenta per cento nel doppiaggio, ma insomma tutto riuscito. Un  film anche con una gran fortuna e con grande gioia espressiva, e  rappresentava tra l'altro, come credo pochi altri film, l'aria di  quell'Italia dell'epoca, quest'euforia già venata dai primi brividi di  preallarme, dai primi campanelli angosciosi, di cui il finale era un  dosatissimo annuncio.
 Vittorio Gassman
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