FRANCESCO D’ASSISI
(Ita/1966) di L. Cavani (134')
Introduce in video Liliana Cavani
Prima di poter fare cinema ho fatto molta Tv, ben sette film inchiesta, e  poi il Francesco d'Assisi. Mi propose di farlo Angelo Guglielmi, un  amico e dirigente prestigioso della Rai. Sia lui che io siamo di  educazione molto laica e l'idea della vita di un santo ci lasciava  perplessi. [...] Il produttore Leo mi diede un ufficio che era una  celletta, e lì cominciai a vedere tutti i giovani attori possibili. Un  giorno arriva un ragazzo molto timido: lo guardo, ci scambiamo poche  cose, e poi gli dico che lui è Francesco. Non volevo fare provini. Aveva  appena terminato di girare I pugni in tasca ma non lo sapevo e lui si  scordò di dirlo. Lou Castel è fatto così. Quando mostrai Lou a Guglielmi  ne fu entusiasta, ma mi disse di non farlo vedere a nessun altro  funzionario Rai perché loro avevano  un'idea di Francesco del tutto  diversa. In effetti Lou era una specie di beat ante litteram e così
Francesco  diventò quello che doveva diventare, un beat. Era la cosa che mi  piaceva di Francesco d'Assisi, lo vedevo come un poeta più che come un  santo. D'altronde l'idea di Francesco ‘santo' non era stata prevista da  Francesco stesso. Era qualcosa che gli fu messo addosso.
Io non  conoscevo San Francesco. Ho letto un libro di un modernista, Sabatier,  che me l'ha fatto vedere sotto un aspetto diverso, come qualcuno vicino  alla mia generazione. Di lì ho cominciato la ricerca di un'immagine che  corrispondesse all'idea che mi ero fatta di Francesco: un giovane poeta  vagabondo, avventuroso, libero, un fatto mitico di sempre. Diventava  un'altra cosa, che per me era quella giusta. Io concepisco la religione  come un fatto creativo. Francesco era il vero uomo religioso: viveva  alla giornata, senza sapere quello che avrebbe fatto il giorno seguente.  [...]
Quando c'è stata la prima proiezione per i dirigenti della  Rai, io mi stupivo del loro stupore. Erano meravigliati che il  linguaggio (in dialetto), i gesti fossero veri, che i personaggi  ridessero davvero, che Francesco non facesse i miracoli. Ma il più bel  miracolo era la purezza assoluta di Francesco. Più miracolo di così! Ho  girato il film senza intellettualismi, senza retorica, e non volevo  provocare un bel niente. Mi è sempre accaduto così nei miei film: ti  attribuiscono delle intenzioni che non hai affatto. Se fai le cose con  delle intenzioni vengono fuori delle gran palle. Il Francesco non è nato  dall'intenzione di dimostrare qualcosa, di andare contro qualcosa, ma  di capire. L'ho raccontato con spontaneità, così come l'avevo pensato.
Liliana Cavani
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