ROUBAIX, UNA LUCE NELL’OMBRA
(Roubaix, Fra/2019) di A. Desplechin (119')
Introduce, in video, Arnaud Desplechin
Arnaud Desplechin appartiene alla generazione precedente: il suo  Comment je me suis disputé (ma vie sexuelle), che aveva lanciato Mathieu  Amalric, era stato una specie di manifesto della gioventù borghese  parigina degli anni Novanta. I suoi film spesso si rimandano l'un  l'altro, come temi e personaggi, ma a volte il regista si prende delle  vacanze verso altri mondi. Come in questo ultimo lavoro, ambientato nel  commissariato di Roubaix la notte di Natale. Viene in mente un  bellissimo film degli anni Ottanta, Guardato a vista con Michel Serrault  e Lino Ventura, anche se il film è ispirato a un documentario del 2008.  Protagonista è il commissario Daoud (il bravissimo Roschdy Zem), alle  prese con vari casi che alludono a una città in crisi, e poi con due  donne testimoni di un incendio, che però nascondono qualcosa. Daoud è  una specie di Maigret d'oggi, comprensivo e acuto, ma solo, senza popolo  e senza patria: di origine algerina, con tutti i parenti che ci sono  tornati, è un osservatore malinconico il cui sguardo dà il tono  all'intero film. Il risultato è uno strano giallo in cui in
fondo non c'è nulla da scoprire, se non ciò che sta nell'anima dei personaggi.
Emiliano Morreale
Tutti i miei film, o quasi, sono stati film romantici.  Troppo! Ma è questo ‘troppo' che desideravo. Oggi ho voluto un film che  si attenga alla realtà, in ogni parte. Che riprenda un materiale grezzo  che, con l'arte dell'attore, possa accendersi. Come indica il prologo  della sceneggiatura, non ho voluto lasciare nulla all'immaginazione,  inventare nulla, ma ho voluto rielaborare delle immagini viste in  televisione dieci anni fa e che da allora mi hanno perseguitato. Perché  non ho mai potuto dimenticare queste immagini? Perché solitamente,  riesco a identificarmi solo con le vittime. Non
mi piacciono troppo i  carnefici. E per la prima e unica volta nella mia vita, in due  criminali ho coperto due sorelle. Ho voluto considerare le crude parole  delle vittime e dei colpevoli come la più pura poesia che esista. L'ho  considerato come un materiale sacro, cioè: un testo che non finiremo mai  d'interpretare. Al centro del film c'è la questione dell'inumano. Chi è  umano, chi non lo è più? Attraverso lo sguardo dell'ispettore Daoud,  tutto si mostra profondamente umano. La sofferenza come il crimine.
Arnaud Desplechin
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