FINO ALL'ULTIMO RESPIRO - LA RABBIA DI PASOLINI
Precede (ore 21.30) la Consegna del premio Tre giovani per tre creatività, promosso da Fondazione Del Monte, MAMbo, Università di Bologna e Cineteca di Bologna
Saliranno sul palco i tre vincitori nelle diverse discipline: il collettivo ZimmerFrei per la sezione dedicata alle opere d'arte; Agnese Baruzzi per la sezione dedicata ai serious game; Giovanni La Parola per la sezione dedicata al cinema. A ciascun vincitore sarà assegnato un finanziamento di € 25.000 finalizzato alla realizzazione di un progetto che utilizzi in modo innovativo le tecnologie digitali.
FINO ALL'ULTIMO RESPIRO (A Bout de souffle, Francia/1960)
Regia: Jean-Luc Godard. Interpreti: Jean-Pierre Belmondo, Jean Seberg, Daniel Boulanger, Jean-Pierre Melville. Durata: 89'
Copia proveniente da CulturesFrance
Fino all'ultimo respiro, ricorda Jean-Luc Godard, "appartiene, per sua natura, al genere di film in cui tutto è permesso. Qualsiasi cosa facessero i personaggi poteva essere integrata al film. Era il punto stesso di partenza del film. Mi dicevo: c'è già stato Bresson, adesso c'è Hiroshima, si chiude un certo genere di cinema, forse è finito, mettiamo la parola fine, facciamo vedere che tutto è permesso". Fino all'ultimo respiro mette dunque la parola fine sui raccordi invisibili del montaggio classico: è un florilegio di singulti, strappi tra i raccordi sullo sfondo di una storia convenzionale, simile a quella di un noir, ma dirottata da sguardi in macchina e una recitazione fresca, tesa fino ai limiti dell'improvvisazione. È un film che si permette tutto: l'uso di pellicola fotografica per catturare più luce (vista la mancanza di fonti luminose artificiali), i travelling su una carrozzella per filmare gli Champs Elysées e la macchina da presa sulla spalla. È il reportage su una città e la storia di un ladruncolo così duro da innamorarsi di una giovane americana che sogna di diventare giornalista e finirà col denunciarlo alla polizia.
(Roberto Chiesi)
a seguire
LA RABBIA DI PASOLINI. IPOTESI DI RICOSTRUZIONE (Italia/2008) di Giuseppe Bertolucci (83')
Per anni si è creduto che Pier Paolo Pasolini avesse realizzato la prima parte del film La rabbia con l'intenzione polemica di contrapporsi ideologicamente alla seconda, firmata da Giovannino Guareschi. Il 'duello', invece, era stato arrangiato dalla produzione, sia pure con l'assenso di Pasolini, quando il poeta-regista aveva già quasi terminato il suo film. L'"ipotesi di ricostruzione" del progetto originario, curata da Giuseppe Bertolucci con la Cineteca di Bologna e il Fondo Pasolini (in collaborazione con Istituto Luce e Minerva Rarovideo), ha dimostrato che La rabbia avrebbe dovuto essere un lungometraggio autonomo pasoliniano, un "poema cinematografico" in prosa e in versi, che evoca gli eventi più emblematici degli anni compresi fra il secondo dopoguerra e l'inizio del boom economico, come la decolonizzazione del Terzo mondo, la guerra d'Algeria, l'incubo del nucleare. Un film basato esclusivamente sul montaggio di materiali di repertorio (cinegiornali, fotografie, riproduzioni di dipinti e disegni, frammenti di film) e commentato dalle voci di Giorgio Bassani e Renato Guttuso (nella parte ricostruita da Valerio Magrelli e dallo stesso Bertolucci). A partire da un'idea di Tatti Sanguineti, si è intrapresa la ricostruzione delle prime quattordici sequenze tagliate, arricchendo così la complessità del disegno pasoliniano (in particolare, è stata reintegrato un brano sulla televisione, straordinariamente lucido e profetico). Il film è da riscoprire anche per la sua valenza di documento sulla guerra fredda e soprattutto per la forza visiva e grafica delle immagini scelte da Pasolini. Con le sue innovazioni linguistiche e strutturali - evidenziate soprattutto nella seconda parte - un film che fa respirare quell'aria di rivoluzione che ha travolto, con la nouvelle vague, il cinema francese.
(Roberto Chiesi)
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