IL BANDITO DELLA CASBAH
(Pépé le Moko, Francia/1936)
R.: Julien Duvivier. Int.: Jean Gabin, Mireille Balin, Line Noro, Saturnin Fabre (93')
Copia proveniente da CulturesFrance
Introduce Roberto Chiesi, critico cinematografico
Niente sembra poter abbattere Pépé le Moko. È il re della casbah algerina, la polizia lo vorrebbe in manette, ma lui, in quel dedalo di viuzze, passaggi segreti e terrazze comunicanti, è flemmatico, maestoso e irraggiungibile come dentro a una fortezza. Ma quel che lo danna non sarà la giustizia. Il colpo che si rivelerà letale arriva con la forza dirompente di un primo piano fatto apposta per folgorare. Lei ha la bocca di un demone tentatore, e occhi che scintillano come i gioielli di cui ama ricoprirsi. "Cosa facevi prima dei gioielli", le chiede lui. "Li desideravo", risponde lei. Sono fatti l'uno per l'altra. L'amour fou rivela la vera natura del gangster d'acciaio, che ha piedi d'argilla, desideri frustrati, debolezze patetiche, come noi. Ora la casbah è una prigione insopportabile, Parigi una chimera irresistibile, e la passione il motore implacabile di gesti sconsiderati e definitivi. L'amore ha messo il re a nudo. Ora possiamo amarlo anche noi, incondizionatamente. Il bandito della casbah è un melodramma perfetto travestito da film di gangster. E come ogni grande melodramma, ci catapulta in un sogno stordente, dove vero e falso sono concetti che non hanno diritto di cittadinanza, e il cinema e la vita sono la stessa, maiuscola illusione. Gabin a prima vista pare un monolito, ma è incredibile quanto riesca invece a lavorare il personaggio con sottigliezza, rendendolo plausibile e affascinante sia quando è cobra violento, sia quando è seduttore avviluppante, sia quando è un poveruomo che grida al vento la propria disperazione.
(Andrea Meneghelli)
Tariffe:
Ingresso libero