Tenerezza e ironia: Vittorio De Sica, attore e regista

Programmazione

 

Un maestro, un padre, un faro del cinema italiano, il nostro primo divo moderno, un nome chiave per la memoria condivisa del paese e insieme un cineasta d’imponente profilo internazionale, una carriera che non trova paragoni possibili se non forse in quelle di Chaplin e Welles. Una personalità unica e un artista dalle molte vite. La retrospettiva rende omaggio agli esordi preneorealisti, all’anima napoletana, all’audacia ‘visionaria’ anni Sessanta. E all’attor giovane, al commediante irresistibile, al grande interprete drammatico, dalle capacità ancor oggi intatte di sedurre, commuovere e ogni volta strappare l’applauso.


Teresa Venerdì (1941) • I bambini ci guardano (1944) • La porta del cielo (1945) • L’oro di Napoli (1954) • Il giudizio universale (1961) • Il Signor Max (1937) di Mario Camerini • Altri tempi (1952) di Alessandro Blasetti • Peccato che sia una canaglia (1955) di Alessandro Blasetti • Il generale Della Rovere (1959) di Roberto Rossellini

 

Vittorio De Sica rappresenta qualcosa di unico per la storia dello spettacolo italiano, una rivoluzione e una ventata di modernità in un paese che non aveva nessun attore da contrapporre ai divi di Hollywood che, tra muto e inizi del sonoro, avevano schiantato il cinema nazionale. Arrivato al cinema dopo un’importante gavetta teatrale, grazie ai successi del varietà e alla popolarità dei suoi dischi, diviene il primo divo italiano moderno, comparabile a Maurice Chevalier, a Gary Cooper, a Hans Albers. Ma è solo l’inizio di una carriera che non ha paragoni possibili, se non forse in quelle di Chaplin e di Welles. “Sono nato e rinato alla vita artistica almeno cinque volte”, diceva. Cantante e attore di rivista, di prosa, di cinema, De Sica matura, alla fine degli anni Trenta, la consapevolezza che se l’attore si risolve in un personaggio, il regista può essere tutti i personaggi. Da quando passa alla regia plasma i suoi interpreti, si identifica con loro, ne condivide le ragioni, ne assume i punti di vista. Tra- sforma attori non professionisti in icone, costruisce film dopo film la grandezza di Sophia Loren. In coppia con Cesare Zavattini è tra i massimi protagonisti del neorealismo. Vince due Oscar. Poi, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, è una delle voci più vive della commedia all’italiana, ma anche l’autore di capolavori drammatici. Vince un altro Oscar. Nell’ultimo decennio è il regista di grandi coproduzioni internazionali. L’ultimo Oscar arriva nel 1971.Tra gli anni Venti e il 1974, è il mattatore di 157 film. Appare sullo schermo più spesso di Totò (che si ferma a 107) e di Alberto Sordi (che arriva a 151). Le sue interpretazioni sono sempre accompagnate da misura, eleganza, ironia, ma sia come interprete sia come regista è, fino alla fine, testardamente innovatore. Non a caso, continuerà ad avere problemi con la censura ben oltre la fine della stagione neorealista. Anche nel privato rincorrerà più vite, due mogli, Giuditta Rissone e Maria Mercader, due case, due famiglie, tre figli amatissimi, Emi, Manuel, Christian.Fin dagli anni Trenta parte della memoria condivisa del nostro Paese, è stato prima il Fidanzato d’Italia, poi l’Artista riconosciuto, infine protettiva icona paterna per un Paese che cambiava rapidamente. “Non credo potrà essere revocata in dubbio l’importanza della sua presenza nello spettacolo italiano di questo ultimo cinquantennio, la sua clamorosa capacità di rimbalzare da un mezzo all’altro, da quelli più tradizionali come il teatro e la stampa a quelli più moderni come il cinema, la radio, la televisione: sono pochissimi gli attori destinati a risultare altrettanto importanti nelle vicende dell’evoluzione sociale del paese, nella storia psicologica degli italiani in un momento decisivo del divenire di una nazione” (Orio Caldiron). È stato difficile selezionare otto titoli nel corpus così imponente e vario delle regie e delle interpretazioni. Ho scelto alcuni film chiave, forse meno noti al pubblico internazionale del Cinema Ritrovato. Una grande commedia romantica di Mario Camerini, alcune delle prime regie, La porta del cielo (film la cui lavorazione rappresentò un’autentica scialuppa di salvataggio per De Sica e un bel po’ di cinema italiano durante le ultime e concitate fasi dalla guerra), due interpretazioni per Blasetti, Peccato che sia una canaglia e Il processo di Frine, destinate a diventare, specie la seconda, classici della retorica attoriale desichiana, e infine il suo magnifico Generale Della Rovere, per Rossellini. Un invito a riscoprire il genio generoso e plurale di Vittorio De Sica.

 

Gian Luca Farinelli


Vittorio De Sica is an utterly unique figure in the history of Italian performing arts, a revolutionary and modern breath of fresh air in a country that had never before boasted an actor on par with the famous Hollywood stars, who from the days of silent films and the earliest sound films, dominated our domestic cinemas. Moving into film after rising in the ranks in theater, thanks to his successes in variety shows and the popularity of his records, he became the first modern Italian superstar, comparable to Maurice Chevalier, Gary Cooper, and Hans Albers. But this was only the beginning of a career that ultimately had no equal, if not perhaps for Chaplin and Welles. “My artistic life has been born and reborn at least five times”, he said. Singer and actor in theatrical revues, then on stage and screen, De Sica understood, by the late 30s that while an actor might delve into his character, the director could explore all of the characters. From the moment he began directing, he shaped his actors, identi- fied with them, shared their reasoning, and took on their points of view. He turned non-professional actors into icons, and with film after film brought Sophia Loren to greater heights. He collaborated with Cesare Zavattini they were the leaders of the neorealist movement. He won two Oscars. Then, from the 50s into the 70s, he would become one of the leading voices in Italian comedy, while remaining an auteur of serious dramatic work as well. He won another Oscar. In his last decade he directed major international co-productions, and his last Oscar came in 1971.
Betwee
n the 20s and 1974 he starred in 157 films, more than Totò (who played in 107) or Alberto Sordi (who hit 151). His performances were always measured, elegant and ironic, but both as an actor and as a director, he remained, to the end, stubbornly innovative. Not surprisingly he would continue to run afoul of the censors long after the end of the neo-realist era. He also had several phases of his personal life: two wives, Giuditta Rissone and Maria Mercader, two houses, two families, and three beloved children, Emi, Manuel and Christian. Since the late 30s he has been part of the collective consciousness of our country, first as Italys favorite romantic lead, then as the re- nowned Artist, finally as the reassuring and iconic father figure Italy could turn to in turbulent times of change. I don’t think anyone can ever doubt just how important his presence was in Italian show business for the past fifty years, his incredible capacity to jump from one medium to another, from the most traditional, such as the theater and the press, to the most modern, such as cinema, radio and television: there are precious few actors destined to play such an important and exalted role in the social evolution of the country and the psychological development of Italians themselves, at such a key moment in the growth of our nation (Orio Caldiron).It was difficult selecting eight films from the daunting and diverse body of work he directed and starred in. I chose a handful of key films, perhaps not as well known to the international audience of Il Cinema Ritrovato: a wonderful romantic comedy by Mario Camerini, some of his earliest work as director, La porta del cielo (a film that served as a genuine lifeboat for De Sica and a good deal of Italian cinema during the final phases of the war), two films he starred in for Blasetti, Peccato che sia una canaglia and Il processo di Frine, destined to become, particularly the latter, classic De Sica performances, and finally his magnificent work in Generale Della Rovere, for Rossellini. This is an invitation and opportunity to rediscover the generous and multi-faceted genius of Vittorio De Sica.

Gian Luca Farinelli

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