In ricordo di Giuliano Geleng

"Quando il giorno dopo le riprese, io ritornavo sul set ormai vuoto e silenzioso, senza più luci, colori, ritmi, musiche, con la mia pittura cercavo di rivivere ed evocare nel silenzio le tonalità create da Fellini che mi erano rimaste negli occhi".

Così Giuliano Gèleng (1949-2020) ricordava la dimensione solitaria del suo lavoro per il grande cineasta, che ha coperto due decenni, da Amarcord (1972-1973) fino all'ultimo film, La voce della luna (1989-1990). Accanto al padre Rinaldo e al fratello Antonello, Giuliano è stato l'artefice dei quadri, disegni e manifesti pubblicitari fittizi e immaginari che pullulavano, disseminati, ostentati o dissimulati nel tessuto scenografico del cinema di Fellini. A questa attività si aggiungeva quella per i manifesti cinematografici dei film del Maestro: un'opera interamente sua fu il famoso disegno per il manifesto dove appaiono i volti di tutti i personaggi di Amarcord, "come sorpresi in una immobilità sbigottita, amabile, riluttante e sfrontata, una specie di vecchia immagine indelebile e favolosa riflessa in uno specchio festoso, domenicale" (Fellini).

Quando fu presentata a Bologna l'edizione restaurata del film, nel 2015, lo stesso Gèleng venne in Cineteca a rievocare gli anni del suo lavoro con Fellini, tracciandone un ritratto avulso da qualsiasi retorica, pieno di ammirazione ma anche schietto e vivo.

Come tutti i grandi collaboratori dell'autore di 8 ½, anche Gèleng è stato un artista autentico, erede di una famiglia di pittori, scenografi, studiosi d'arte, che trovò la sua vena in un naïf surreale, "che penetra nel personaggio, lo identifica e lo ricorda". Nella sua pittura ad olio su legno ha evocato un mondo sospeso, spesso nascosto dietro le quinte di un palcoscenico, dove campeggiano reperti e relitti. Un mondo in attesa, senza tempo.

 

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