DIVORZIO ALL'ITALIANA
(Italia/1961) di Pietro Germi (105')
Regia: Pietro Germi. Sceneggiatura: Alfredo Giannetti, Ennio De Concini, Pietro Germi. Fotografia: Leonida Barboni, Carlo Di Palma. Montaggio: Roberto Cinquini. Musica: Carlo Rustichelli. Scenografia: Carlo Egidi. Interpreti: Marcello Mastroianni (barone Ferdinando Cefalù), Daniela Rocca (Rosalia), Stefania Sandrelli (Angela), Leopoldo Trieste (Carmelo Patanè), Odoardo Spadaro (don Gaetano Cefalù), Bianca Castagnetta (donna Matilde Cefalù), Angela Cardile (Agnese Cefalù), Lando Buzzanca (Rosario Mulè). Produzione: Franco Cristaldi per Lux, Vides, Galatea. Durata: 105'
Copia proveniente da Istituto Luce - Cinecittà per concessione di Cristaldi Film
Versione italiana con sottotitoli inglesi
Pietro Germi è probabilmente l’unico grande moralista, nell’accezione nobile del termine, della storia del cinema italiano. Le sue origini umili e il suo approccio artigianale al cinema lo mettono al riparo da qualunque autocompiacimento autoriale e dalla retorica semplificatoria. Nel caso di questa straordinaria commedia nera, il titolo è fuorviante. Certo, sullo sfondo c’è l’incredibile articolo 587 del codice penale che prevedeva l’attenuante del delitto d’onore e che forniva la giustificazione legale a un perpetuarsi di costumi medievali sia per quanto riguarda la vita di coppia sia, soprattutto, l’idea della donna come oggetto di possesso. Ma questo è solo il punto di partenza e l’espediente che rende possibile la soluzione di un intreccio. Già, perché in Divorzio all’italiana il fatto saliente è che Mastroianni proprio non vorrebbe ucciderla quella moglie baffuta e devota che si ritrova. Tutto quello che vorrebbe è poter vivere fino in fondo l’infatuazione per quella florida ragazzina che corrisponde alle sensuali fattezze di Stefania Sandrelli. Così il dramma della gelosia diventa, appunto, una farsa, ed è su questo che Germi riesce a essere veramente cattivo. Il peccato mortale di cui si macchia il povero Fefè, infatti, non è tanto quello dell’uxoricidio quanto, piuttosto, quello di credere che esistano le scorciatoie che consentono di sostituire una donna brutta e inibita con una bella e disinibita senza prezzi da pagare. Dopotutto la Sandrelli non è solo un corpo. La Sandrelli è la modernità, la rivoluzione dei rapporti fra i sessi, la vitalità spontanea, e flirtare con lei non può significare solo la replica di comportamenti consolidati a un livello più gratificante. Angelo che annuncia l’avvento dell’emancipazione femminile, la Sandrelli pretende la revisione integrale di un sistema secolare di comportamenti e di valori, così svuotati di qualunque sostanza e di autentico pathos da essere diventati recita parodistica di una tradizione praticamente demenziale. Esattamente ciò che l’ottuso Fefè rifiuta di comprendere, col risultato di ritrovarsi odioso mazziatore prima, e poi cornuto.
(Giacomo Manzoli)
Inizialmente per Divorzio all’italiana avevamo pensato a un film drammatico: ma gli aspetti paradossali di queste vicende non riuscivano a fondersi con gli elementi tragici. D’altronde come si può costruire un dramma nella cornice siciliana, in un mondo dove, per fare un esempio banale, ho visto coi miei occhi un ballo di soli uomini nella sede di un circolo comunista? Sicché ci venne naturale scegliere il tono grottesco che veramente è l’unico adatto a queste storie incredibili di delitti d’onore. Io non giudico, sia chiaro. Racconto, e mi piace raccontare cose nostre e vere. Non solo difetti, ma situazioni legate alle nostre particolari condizioni economiche, familiari, culturali e religiose. Il delitto d’onore era una vergogna di cui arrossire. Bisognerebbe leggersi i resoconti di certi processi celebri, c’è da piangere, ma anche da ridere: l’assassino è un martire e un eroe. La folla, i giornalisti, i giudici sono tutti con lui. E non parliamo delle tirate degli avvocati difensori. A leggere c’è da allibire, semplicemente.
(Pietro Germi)
Tariffe:
Ingresso libero
Documenti
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