UN MALEDETTO IMBROGLIO

(Italia/1959) di Pietro Germi (120')

Regia: Pietro Germi. Soggetto: liberamente tratto dal romanzo Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda. Sceneggiatura: Alfredo Gianetti, Ennio De Concini, Pietro Germi. Fotografia: Leonida Barboni. Montaggio: Roberto Cinquini. Scenografia: Carlo Egidi. Musica: Carlo Rustichelli. Interpreti: Pietro Germi (commissario Ingravallo), Claudia Cardinale (Assuntina Jacovacci), Eleonora Rossi Drago (Liliana Banducci), Claudio Gora (Remo Banducci), Nino Castelnuovo (Diomede Lanciani), Franco Fabrizi (Massimo Valdarena), Cristina Gajoni (Virginia), Saro Urzì (maresciallo Saro). Produzione: Giuseppe Amato per Riama Film. Durata: 120’
Copia proveniente da Istituto Luce - Cinecittà per concessione di Gruppo Mediaset RTI
Versione originale con sottotitoli inglesi

 

Ancora una volta, il conservatore, l’artigiano, l’uomo all’antica, il ‘riformista moderato’ Germi, è responsabile di un esperimento innovativo tra i più singolari del cinema di quegli anni. Germi, per assorbimento più che per volontà consapevole, riceve da Gadda e accoglie per la prima volta nel suo cinema una sotterranea, carsica carica umoristica, sarcastica, grottesca […]. Se In nome della Legge e Un maledetto imbroglio avessero costituito i capostipiti di autentici, solidi generi, il cinema italiano forse sarebbe oggi assai diverso. Ingravallo rimane l’unico, ma proprio l’unico, commissario in un film italiano a reggere il confronto con omologhi americani, francesi o inglesi. La gestione dei due registri (quello comico, quello poliziesco-drammatico) è saldamente nelle mani della sua interpretazione e del modo in cui il Germi regista (soprattutto grazie all’uso della musica di Rustichelli), riesce a tenerli separati senza che si confondano o neghino l’un l’altro. L’articolazione di entrambi è però affidata soprattutto alla sua recitazione: al dinamismo collerico e satirico col quale affronta la società dell’ipocrisia e dell’inganno, della delinquenza per necessità e del crimine per astuzia, e al rispetto drammatico, quasi devozione o mistero, col quale prende coscienza della condizione femminile, della maternità frustrata e della passione tradita, del rimpianto e dell’espiazione, del sacrificio e dell’umiliazione.

(Mario Sesti)

 

Il delitto nel romanzo di Gadda non era che il pretesto per un esperimento filologico-realistico cioè per una ricostruzione dell’ambiente attraverso il linguaggio. Ovviamente, il film ha lasciato cadere l’esperimento filologico e ha conservato quello ambientale. Osserviamo a questo punto che Un maledetto imbroglio si potrebbe chiamare con ragione il primo vero film poliziesco italiano cioè il primo film nel quale, abbandonati i modelli americani e francesi, si sia guardato alla realtà dei nostri delitti e della nostra polizia. […] Come Gadda, egli si è servito del delitto per farci entrare nell’intimità di certa piccola e media borghesia romana nonché in alcuni ambienti popolari e soprattutto in quelli della burocrazia poliziesca. Germi ha caratterizzato in maniera efficace questi diversi ambienti: il torpore e la sensualità viziosa della famiglia Balducci, la confusione e l’improvvisazione della burocrazia, la rusticità e semplicità dei popolani.

(Alberto Moravia)

 

A me interessa inventare i film, frugare tra i generi, tentare ciò che non è stato ancora tentato. Un maledetto imbroglio, per esempio, nacque dal fatto che non esistevano ‘gialli’ italiani e tutti dicevano: il giallo non si può fare perché la nostra polizia non incute né spavento né il senso fatale della legge, ma fa solo ridere. Era un vecchio sogno quello di fare un film poliziesco. In Italia non si è mai riusciti a farli; forse l’importanza del film è nel fatto che è il primo film poliziesco italiano; cioè una cosa nuova, una maniera di vedere una realtà che non è mai stata rappresentata, quella della polizia e del suo lavoro nei confronti di una società ben qualificata.

(Pietro Germi)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema 2017

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