NELL'ANNO DEL SIGNORE
(Italia-Francia/1969) di Luigi Magni (120')
Regia, soggetto, sceneggiatura: Luigi Magni. Fotografia: Silvano Ippoliti. Montaggio: Ruggero Mastroianni. Scenografia: Carlo Egidi. Musica: Armando Trovajoli. Interpreti: Nino Manfredi (Cornacchia), Robert Hossein (il medico Leonida Montanari), Ugo Tognazzi (il cardinale Rivarola), Rénaud Verley (Angelo Targhini), Enrico Maria Salerno (il capitano Nardoni), Claudia Cardinale (Giuditta Di Castro), Alberto Sordi (il frate), Britt Ekland (la principessa Spada). Produzione: Bino Cicogna per Les Films Corona, Franco Film. Durata: 120'
Versione italiana con sottotitoli inglesi
A Roma, in piazza del Popolo, una lapide ricorda ancora l’esecuzione capitale dei carbonari Leonida Montanari e Angelo Targhini avvenuta il 23 novembre 1825, proprio sul finire dell’anno in cui papa Leone XII aveva bandito il giubileo. Romanista appassionato e coautore di Rugantino, Luigi Magni ha tratto lo spunto del suo secondo film dalle cronache oscure del protorisorgimento: è un quadro storico ignorato dai libri di scuola, dove cardinali e sbirri opprimono il popolo all’ombra della ghigliottina. Poteva risultare felice il proposito di trattare l’argomento in tono leggero e irridente; e la comicità, benché lardellata a parolacce, non manca nel film quando sono di scena i professionisti della risata: Nino Manfredi nella parte del ‘satirico misterioso’ che affigge epigrammi sotto la statua di Pasquino; Alberto Sordi nel saio di un fratacchione sanguigno e innocente; e Ugo Tognazzi, con qualche sforzo, nella porpora del cardinale Agostino Rivarola, famigerato istruttore del processone contro i patrioti di Romagna.
(Tullio Kezich)
Dopo anni di lavoro come sceneggiatore teatrale (suo è Rugantino del 1966) nell’anno della contestazione esordisce Luigi Magni con una storia d’amore in chiave intimistica, in cui mette già in luce le sue doti di rievocatore di atmosfere e ambienti popolari romani (Faustina). Nel 1970 gira Nell’anno del Signore, film che gli indica definitivamente la strada lungo cui muoversi nei decenni successivi. Una strada in cui la comicità si mescola ai toni drammatici e la storia del passato appare come ancora ricca di insegnamenti per il presente. Magni si è formato nella bottega della commedia all’italiana e si inserisce spontaneamente nella grande tradizione dei cantori popolareschi della romanità: i suoi progenitori ideali sono Pinelli con le sue acquaforti, Belli, Pascarella e Trilussa con le loro poesie e Fabrizi e Magnani con la loro capacità di portarsi addosso lo spirito della città. Nei suoi film, ambientati in un arco di tempo che supera i due millenni, partendo dalle guerre puniche per arrivare – attraverso Rinascimento e Risorgimento – fino al presente, Magni mette in scena l’anima plebea, lo spirito laico di un popolo che riesce a difendere la propria identità e la propria vitalità, che cede alle tentazioni della carne senza preoccuparsi troppo delle fiamme dell’inferno, né desiderare la beatitudine del paradiso promessa dagli eserciti del papa.
(Gian Piero Brunetta)
Da sempre ammiro, affascinato, la misura di Manfredi. Ma qui si trova a competere con due altri mostri di bravura. La sottigliezza di Tognazzi è sconcertante nell’incarnare un personaggio insieme feroce e illuminato, tanto più feroce, anzi, quanto più illuminato, quanto più capace di comprendere i moti dell’animo umano. E la prepotenza di Sordi è incontenibile […]. Tra Manfredi, Tognazzi e Sordi, comunque, non ci sono vinti né vincitori. Frase fatta, al solito sbagliata; tra Manfredi, Tognazzi e Sordi ci sono esclusivamente vincitori. Meglio così, no?
(Oreste del Buono)
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