LA VITA AGRA

(Italia/1964) di Carlo Lizzani (105')

Regia: Carlo Lizzani. Soggetto: dall’omonimo romanzo di Luciano Bianciardi. Sceneggiatura: Sergio Amidei, Luciano Vincenzoni, Carlo Lizzani. Fotografia: Erico Menczer. Montaggio: Franco Fraticelli. Scenografia: Enrico Tovaglieri. Musica: Piero Piccioni. Interpreti: Ugo Tognazzi (Luciano Bianchi), Giovanna Ralli (Anna), Giampiero Albertini (Libero), Nino Crisman (‘Presidente’), Rossana Martini (Mara Bianchi), Elio Crovetto (Carlone), Pippo Starnazza (segretario biblioteca). Produzione: E. Nino Krisman per Film Napoleon. Durata: 105’. Copia proviente da CSC – Cineteca Nazionale
Versione italiana con sottotitoli inglesi 

 

Tratto dal noto romanzo di Luciano Bianciardi, uscito nel ’62 per i tipi della Rizzoli, La vita agra di Lizzani rimescola la storia con la cronaca, la rabbia col grottesco, affrontando il tema della modernità e del malessere individuale. La chiave è quella paradossale-ironica del testo originale, che racconta un progetto dinamitardo contro una grande industria. Il tono leggero e divertito è già nell’esposizione dell’io narrante, un Tognazzi che rivolgendosi alla cinepresa dice essere, la sua, una “storia social-psicologica sull’integrazione, post-miracolistica”. Subito dopo scivolano sullo schermo le consuete immagini di esistenza metropolitana, in una Milano ormai non troppo difforme da quella di Rocco e i suoi fratelli, La notte di Antonioni, Il posto, però rivista in chiave grottesca (dunque anche un poco memore dello Svitato). Ecco il protagonista – non più grossetano come nelle pagine del romanzo ma invece padano – calato negli ingorghi dell’impersonalità di massa: per la strada i pedoni ostacolano e bloccano le file degli altri pedoni che si ritrovano avanti, così che per salvarsi e camminare ci si deve equipaggiare come farebbe un battaglione in marcia. Quand’egli si sottrae alla fiumana collettiva, viene sospettato e condotto in caserma. […] Il cambiamento avvertito da Bianciardi tiene in sé implicita e inevitabile la perdita della naturalità popolare. Non di meno il sarcasmo anarchico del testo di partenza è reso da Lizzani con i moduli ironici di una commedia all’italiana dai toni smorzati […]. La commedia deve descrivere infatti il nonsense della modernizzazione. Per questo, una delle opzioni narrative di Lizzani è quella dell’irrealtà del nuovo garbatamente utilizzato in chiave ironica. Impostazione sofisticata e intelligente (insieme con l’intuizione della attualità del libro bianciardiano), che s’incontra col modulo più scontato, ma mai corrivo, della commedia in cui il racconto va alla fine a parare. Ma tuttavia accogliendo anche in questo un carattere della scrittura di Bianciardi (che collaborò non accreditato alla stesura della sceneggiatura), che accetta e utilizza spezzoni della cultura di massa per integrarli a un discorso sovversivo e disperato sulla nostra contemporaneità.

(Gualtiero De Santi)

 

Arrivato a Milano con l’idea della vendetta e della rivoluzione, Luciano si ritrova ben presto ingabbiato nelle logiche di una città che lo divora, piegandolo al suo volere. Dunque, invece di cambiare il mondo, sarà solo lui a cambiare. […] Inizialmente Luciano decide di portare a termine la sua vendetta progettando l’esplosione dell’edificio. Il grattacielo diventa quindi la sua ossessione, il simbolo di un mondo vacuo che pensa solo al denaro, un mostro sociale che Luciano vuole a tutti i costi eliminare. Perciò ho insistito molto, nel corso del film, su questa immagine: il grattacielo è imponente e ingombrante, proprio come l’ossessione che esso rappresenta nella mente del protagonista. Ma dal momento in cui Luciano inizia ad entrare proprio in quel territorio, e quindi ad accettare le regole della società che lo circonda, la visione del grattacielo comincia a mutare. Giorno dopo giorno, il mostro ossessivo e ingombrante acquista normalità ai suoi occhi. […] Quando per la prima volta ho letto il romanzo di Bianciardi, ho capito subito che aveva la straordinaria capacità di accendere una riflessione importante sul boom economico che aveva fatto crescere l’Italia ma, dal cui passaggio, cominciavano a emergere anche tante drammatiche contraddizioni.

(Carlo Lizzani)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'evento è parte di: Sotto le stelle del cinema 2017

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