INTERSTELLAR
(USA/2014) di Christopher Nolan (169')
Regia: Christopher Nolan. Sceneggiatura: Christopher Nolan, Jonathan Nolan. Fotografia: Hoyte Van Hoytema. Montaggio: Lee Smith. Scenografia: Nathan Crowley. Musica: Hans Zimmer. Interpreti: Matthew McConaughey (Cooper), Jessica Chastain (Murph), John Lithgow (Donald), Matt Damon (Mann), Casey Affleck (Tom), Michael Caine (professor Brand), Anne Hathaway (Amelia Brand), Mackenzie Foy (Murph bambina), Ellen Burstyn (Murph anziana). Produzione: Christopher Nolan, Lynda Obst, Emma Thomas per Legendary Pictures, Lynda Obst Production, Paramount Pictures, Syncopy, Warner Bros. Durata: 169'. Copia in 70mm
Versione originale con sottotitoli italiani
Serata promossa da Marchesini Group
Mito fondativo della letteratura nazionale, il ‘grande romanzo americano', viene rappresentato nel passato dai capolavori di Melville, Steinbeck, Faulkner e altri grandi maestri. Negli anni Duemila scrittori come il compianto David Foster Wallace, ma soprattutto Jonathan Franzen, Jeffrey Eugenides, Donna Tartt, Philipp Meyer, Jonathan Lethem e altri assai ambiziosi autori hanno spinto i critici a riesumare il grande romanzo americano, chiedendosi quali di questi meritasse l'ambito - e astratto - titolo. Ma in che cosa consiste un grande romanzo americano? Certamente deve possedere un grande respiro, anche quantitativo; dispiegarsi preferibilmente su più epoche della storia statunitense; coinvolgere molti personaggi; toccare tanti aspetti della cultura americana, dalla società alle professioni passando per l'industria; mescolare suggestioni moderne a impianti drammatici non lontani dalla narrativa ottocentesca, con saghe famigliari, amori contrastati, passioni e lutti.
Abbiamo pensato al grande romanzo americano vedendo Interstellar di Christopher Nolan. E ci siamo chiesti: esiste il ‘grande film americano'? E se esiste, Interstellar lo è? Quali potrebbero essere considerati i grandi film americani degli anni Duemila? Per esempio Il petroliere di Paul Thomas Anderson, o The Social Network di Fincher, o Gran Torino di Eastwood, o The Tree of Life di Malick o Boyhood di Linklater, film diversissimi tra loro eppure accomunati dall'ambizione di narrare - attraverso storie particolari - un gran pezzo di America, anzi di americanness.
Oggi queste sensazioni giungono, moltiplicate, da Interstellar. Il genere fantascientifico, in questo caso, conta poco. O meglio conta perché permette a Nolan di usare ‘testualmente' i grandi passaggi di tempo e di spazio che il grande romanzo americano richiede in letteratura, grazie alle discrasie temporali e ai wormholes fanta-geografici. Nolan, del tutto consapevole dei simboli presenti nel film, srotola le grandi figure di un possibile grande film americano, dal tema dell'America agricola alle citazioni di Emerson, dall'idea degli Stati Uniti come esploratori alla griffithiana (ri)nascita della nazione.
(Roy Menarini)
La cosa più importante è divertire la gente, seguire il viaggio emotivo dei personaggi. Ci sono tanti passaggi complicati nel film, alcune delle cose di cui parliamo non le capisco nemmeno io, abbiamo avuto bravissimi consulenti e cercato di essere più vicini possibile alla realtà astrofisica, ma alla fine quello che conta è divertire. Lasciare il pubblico confuso era un rischio. Ma penso che se coinvolgi la gente emotivamente ci sono più probabilità che segua l'arco della storia, mentre se punti tutto sul livello intellettivo la perdi. Un padre che deve lasciare i figli conferisce l'aspetto emotivo.
A differenza di molti altri film di fantascienza, volevo che il film contemplasse la fine dell'umanità. Sono cresciuto nell'epoca d'oro dei blockbuster di quel genere, a partire da Incontri ravvicinati del terzo tipo, ed è quella la fantascienza che mi affascina, quella che parla di ottimismo, spirito umano, sopravvivenza, viaggi che ci possono portare in posti straordinari. Il film parla della fine del mondo, ma dice che possiamo vivere dopo la fine del pianeta. Deve essere ottimista perché la storia funzioni.
(Christopher Nolan)
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Ingresso libero
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