THE BEATLES: EIGHT DAYS A WEEK
(USA-GB/2016) di Ron Howard (137')
Sceneggiatura: Mark Monroe. Montaggio: Paul Crowder. Intervistati: Richard Curtis, Eddie Izzard, Whoopi Goldberg, Elvis Costello, Richard Lester, Malcolm Gladwell, Larry Kane, Sigourney Weaver, Kitty Oliver, Howard Goodall, Jon Savage, Ed Freeman. Produzione: Nigel Sinclair, Scott Pascucci, Brian Grazer, Ron Howard per Apple Corps, Imagine Entertainment, White Horse Pictures. Durata: 137'
Serata promossa da Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna - Genus Bononiae
Il documentario di Ron Howard riesce a rievocare tutte le ragioni per cui non possiamo smettere di adorare i Beatles, aggiungendone mille altre che non conoscevamo. Non solo perché per girarlo ha frugato in tutti i possibili archivi esistenti, setacciando anche foto e filmini dei fans in tutto il mondo (chi aveva mai visto i tour trionfali in Australia e Nuova Zelanda?). Ma perché si concentra su un punto essenziale nell'incredibile parabola dei Fab Four, spesso trascurato dalla mitologia successiva: gli inizi. Non la preistoria del gruppo, già avvolta nella leggenda. Ma i primi anni di successi, con quell'accelerazione vertiginosa e tutto ciò che si porta dietro di ebbrezza, meraviglia, perfino paura. Come un tesoro che aspetta solo di essere svelato. E poi svelato di nuovo, perché non illumina solo un'epoca storica ma uno stadio della loro crescita in cui di colpo si specchiarono, e continuano a specchiarsi, milioni di persone. [...] In fondo la loro fu l'unica rivoluzione non violenta del Novecento. Il bello è che non potevano saperlo. E Ron Howard racconta proprio questo.
(Fabio Ferzetti)
Mentre studiavo quegli anni, ho pensato che fosse l'avventura di quel viaggio la storia da raccontare, una sorta di cugina di Apollo 13; e volevo anche che riflettesse la cultura di quei tempi. Simultaneamente, potevamo esplorare le dinamiche dei Beatles come band - la loro fu una specie di fratellanza - ma anche come individui; perché crebbero molto, e cambiarono fortemente dopo essere stati messi alla prova come individui e come gruppo [...]. Come molti, pensavo di conoscere i Beatles - amavo la loro musica e credevo di aver capito chi fossero e cosa abbia significato il loro fenomeno - ma in realtà non avevo idea dell'intensità della cosa. Era qualcosa di stupefacente e ho iniziato a intravederci una grande storia cinematografica [...]. Quando Happy Days era all'apice della popolarità, eravamo quasi come una boy band e, di tanto in tanto, facevamo delle apparizioni. A volte c'erano migliaia di persone, limousine strabilianti, e gente che ti strappava i vestiti, e noi spesso usavamo la parola 'Beatlemania' per descrivere quella condizione, e ci scherzavamo sopra. Ma quando ho iniziato a lavorare a questo film, ho osservato il caos inimmaginabile che questi ragazzi hanno vissuto, e ho pensato che quello che facevamo noi all'epoca era sì pazzesco, ma nulla in confronto alla Beatlemania.
(Ron Howard)
In occasione della mostra Astrid Kirchherr with the Beatles (Palazzo Fava, 7 luglio-9 ottobre 2017), promossa da Fondazione Carisbo e Genus Bononiae - Musei nella Città, in collaborazione con ONO arte contemporanea, Ginzburg Fine Arts e Kai-Uwe Franz, per celebrare i sessant'anni da quel 6 luglio 1957 in cui gli ancora minorenni John Lennon e Paul McCartney si incontrarono per la prima volta a Liverpool. L'esposizione ripercorre la storia dei cosiddetti 'Hamburg Days', gli anni formativi dei Beatles nell'Amburgo del dopoguerra, attraverso gli scatti della fotografa Astrid Kirchherr, che non solo immortalò il gruppo quando ancora si stava formando, ma ne influenzò profondamente lo stile.
Tariffe:
Ingresso libero
Documenti
Tipo di File: PDF Dimensione: 1.20 Mb