I AM NOT YOUR NEGRO
(USA-Francia-Belgio-Svizzera/2016) di Raoul Peck (93')
Regia: Raoul Peck. Fotografia: Henry Adebonojo, Bill Ross, Turner Ross. Montaggio: Alexandra Strauss. Interpreti: Samuel L. Jackson (narratore). Produzione: Velvet Film, Inc. (USA), Velvet Film (France), Artémis Productions, Close Up Films. Durata: 93'
Serata promossa da Legacoop Bologna / Vicoo - Visioni Cooperative
James Baldwin è stato uno dei pochi autori che ho sentito 'mio'. Uno di quelli che comunicavano in una lingua che riuscivo a comprendere, in cui non mi sentivo solo una 'nota a margine'. Raccontava storie che descrivevano la Storia, definendo strutture e relazioni umane che combaciavano con ciò che potevo vedere intorno a me e a cui potevo fare riferimento. Storie che comprendevo perché venivo da una nazione, Haiti, che aveva una grande consapevolezza di sé, che aveva combattuto e sconfitto l'esercito più potente al mondo (quello di Napoleone) e che, unico esempio nella storia, ha fermato la schiavitù sul nascere, nel 1804, grazie alla prima vittoriosa rivolta degli schiavi al mondo, diventando il primo stato libero delle Americhe. Gli haitiani hanno sempre conosciuto la vera Storia e hanno sempre saputo quanto diversa fosse da quella raccontata dal paese dominante.Il successo della Rivoluzione Haitiana è stato ignorato - come dirà Baldwin: "per via dei brutti/cattivi negri che eravamo" - perché avrebbe portato a una versione dei fatti completamente differente, in grado di rendere insostenibile la versione proposta dal mondo schiavista di quei tempi. Le conquiste coloniali del tardo 1800 non sarebbero state ideologicamente possibili se private della loro giustificazione 'civilizzatrice'. Questo è esattamente il motivo per cui ho deciso di ricorrere a James Baldwin e alla sua capacità di analizzare le storie, per riuscire a collegare la vicenda di uno schiavo liberato nella propria nazione, Haiti, alla storia moderna degli Stati Uniti e alla propria dolorosa e sanguinosa eredità, la schiavitù. James Baldwin non ha mai terminato Remember This House e l'ambizione di questo film è quello di riempire in parte questo vuoto.
(Raoul Peck)
Perché tanto livore bianco? Forse l'ossessione per una sorta di 'demone della purezza' rivela l'oscurità che si agita nell'animo dei bianchi? Sono le domande inquietanti che vengono fuori vedendo il documentario capolavoro I Am Not Your Negro di Raoul Peck, basato su Remember This House, un manoscritto incompleto dello scrittore afroamericano James Baldwin. Un film che spinge a rovesciare i poli opposti, il bianco e il nero, con tutte le conseguenze del caso. I Am Not Your Negro pervade l'animo nel profondo e finora è il film più bello del 2017, insieme all'altro documentario d'autore, Dawson City. Il tempo tra i ghiacci di Bill Morrison. Nessuno dei film del 2017 raggiunge questi picchi d'intensità e originalità. I Am Not Your Negro ha l'umanità amara di un blues. Esprime un sentimento d'ineluttabilità della condizione umana, anche quando sono le sovrastrutture sociali a determinarla. Peck rilegge la faticosissima storia dell'emancipazione nera attraverso tre figure morte tragicamente nel giro di cinque anni: Medgar Evers, assassinato il 12 giugno 1963 (pochi mesi prima di John Kennedy a Dallas), Malcolm X, ucciso il 21 febbraio 1965, e Martin Luther King Jr, assassinato il 4 aprile 1968 (circa due mesi prima di Robert Kennedy a Los Angeles). Baldwin cerca di dare un piccolo ma fondamentale aiuto nel completare nella memoria tutte queste vite e vicende pubbliche incompiute, così come Peck cerca di dare una compiutezza al testo di Baldwin. È una specie di osmosi fraterna del dolore dei neri. La narrazione fuori campo è affidata alla splendida voce dell'attore Samuel L. Jackson, calda e rauca come quella di un bluesman.
(Francesco Boille)
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