ROMA CITTÀ APERTA

(Italia/1945) R.: Roberto Rossellini. D.: 100'

Presentano Emiliano Morreale (CSC - Cineteca Nazionale) e Gian Luca Farinelli

T . int .: Rome Open City . Sog .: Sergio Amidei, Alberto Consiglio, Ivo Perilli . Scen .: Sergio Amidei, Roberto Rossellini, Federico Fellini, Ferruccio Disnan . F .: Ubaldo Arata . M .: Eraldo Da Roma . Scgf .: Rosario Megna . Mus .: Renzo Rossellini . Su .: Raffaele Del Monte . Int .: Anna Magnani (Pina), Aldo Fabrizi (don Pietro Pellegrini), Vito Annichiarico (Marcello), Nando Bruno (Agostino, il sagrestano), Harry Feist (maggiore Fritz Bergmann), Francesco Grandjacquet (Francesco), Maria Michi (Marina Mari), Marcello Pagliero (ing . Manfredi), Eduardo Passarelli (brigadiere metropolitano), Carlo Sindici (questore), Giovanna Galletti (Ingrid) . Prod .: Excelsa Film . Pri . pro .: 24 settembre 1945. DCP . D .: 100' . Bn . Versione italiana con sottotitoli inglesi / Italian version with English subtitles.
Da: Fondazione Cineteca di Bologna e CSC - Cineteca Nazional.
Restaurato nel 2013 da Fondazione Cineteca di Bologna, CSC - Cineteca Nazionale, Coproduction Office e Istituto Luce Cinecittà presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata / Restored by Fondazione Cineteca di Bologna, CSC - Cineteca Nazionale, Coproduction Office and Istituto Luce Cinecittà at L'Immagine Ritrovata Laboratory in 2013. Il restauro digitale è stato realizzato a partire dai negativi originali conservati presso la Cineteca Nazionale . L'immagine è stata scansionata a una risoluzione di 4K / The digital restoration was based on the original negatives preserved by Cineteca Nazionale. The image was scanned at 4K resolution


Rossellini traversa il periodo neorealista (che non è solo cinematografico) facendone la storia, cioè tracciandone le linee di forza, definendo le idee generali che lo reggono e lo muovono; e nel fare ciò parte dalle apparenze stesse di questa storia, che sono innanzitutto il cinema come il medium espressivo più avanzato dell'epoca [...], il medium che già di per sé pone in crisi la nozione di arte. Rossellini utilizza poi il cinema come 'specializzazione' realistica, e questa non è tanto una scelta a priori quanto la conseguenza dell'uso di una tecnologia determinata contro le regole fino a quel momento codificate, che si possono riassumere nella ideologia dello spettacolo e che si specificano nello star system, nella finzione romanzesca, nel rapporto 'teatrale' col pubblico. Il cinema esce per le strade, diventa 'realistico', quando elimina una serie di diaframmi rispetto a una sua specificità tecnica [...]. In Roma città aperta il titolo stesso rivela un'apertura inconsueta: la gente, non i borghesi (che vivono nascosti nei loro uffici) ma la gente del popoo, vive all'aperto, nella città. Se il film è la storia di un caseggiato, lo è in quanto quest'ultimo è un microcosmo che sintetizza (come un palcoscenico en plein air) la città intera: le nostre case già sono per Rossellini, nel '45, le nostre strade, e non più degli interni; la vita privata, le storie d'amore, coinvolgendo gli altri, si svolgono alla luce del sole; e la clandestinità della lotta partigiana è una nuova prassi, che passa attraverso i tetti e non si cela nel basso delle cantine, e che collega in una rete articolatissima ciò che il nemico fa fatica a percepire, con le sue più vecchie coordinate culturali (ma già il nazista meglio del fascista: si veda la scena del maggiore Bergmann che 'legge' la città nel suo ufficio attraverso le fotografie quotidiane: il suo è però un sapere improduttivo). Rossellini, già oltre la guerra, vive nello spazio della modernità. Il centro, l'accentramento e l'accerchiamento sono combattuti e battuti: alla fine del film i bambini hanno ereditato l'esperienza di un decentramento, e la cupola di San Pietro non funziona più da meta ma da sfondo per un cammino 'aperto', poiché bisogna tener presente la nostra eredità culturale, che per Rossellini è soprattutto quella cattolica.

Adriano Aprà, Rossellini oltre il neorealismo, in Il neorealismo cinematografico italiano, a cura di Lino Miccichè, Marsilio, Venezia 1975

 

Rossellini spent the neorealistic period (which was not only in film) making its history, in other words defining its strong points, the general ideas that influenced and moved it. In doing so, he started from the appearance of this history, which is primarily cinema as the most advanced expressive medium of the era [...], the medium that had itself already put the notion of art into crisis. Rossellini went on to use cinema as a realistic 'specialization'. This was not so much an a priori choice as much as it was the result of the use of a particular technology against the established rules, which can be reassumed in the ideology of show business and which are defined in stardom, the literary pretence and the 'theatrical' relationship with the public. Cinema went out into the street; it became 'realistic', once it had eliminated a series of divisions in its technical specificity [...]. The title Roma città aperta, reveals an unusual openness: the common people (not the bourgeoisie, who stay hidden in their offices) live out in the open, in the city. The reason that the film is the story of a block of flats, is because it shows a microcosm which represents (like an open air stage) the whole city. In Rossellini's view, in 1945, our homes had already become the streets, they were not inside the flats anymore: our private lives, love lives, involving others, develop out in the open; the secrecy of the partisan struggle is a new practice, which passes over the rooftops and is not hidden in the bottoms of the cellars, and which links in very complex network what the enemy is struggling to perceive, with his older cultural coordinates (but the Nazis were better than the Fascists: see the scene where the major Bergmann "reads" the city from his office, through its daily photos; his is however, an unproductive knowledge). With the war behind him, Rossellini was living in the space of modernity. The centre, centralization and surroundings have been fought for and beaten, at the end of the film the children have inherited an experience of decentralization and Saint Peter's dome is not something to be aimed for anymore, it is the backdrop for an 'open' journey, because you have to keep our cultural heritage in mind, which for Rossellini is Catholic.

Adriano Aprà, Rossellini oltre il neorealismo, in Il neorealismo cinematografico italiano, edited by Lino Miccichè, Marsilio, Venezia 1975

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