… À VALPARAÍSO / LA SIXIÈME FACE DU PENTAGONE
… À VALPARAÍSO (Francia/1963) R.: Joris Ivens. Testo di Chris Marker. D.: 27’
Scen.: Joris Ivens. F.: Georges Strouvé. M.: Jean Ravel. Scgf.: Georges Strouvé. Mus.: Gustavo Becerra. Int.: Roger Pigaut (narratore). Prod.: Philippe Lifchitz, Anatole Dauman per Argos Films, Cine Experimental de la Universidad de Chile 35mm. D.: 27’. Bn e Col. Versione francese / French version Da: Argos Films per concessione di Capi Films
Ho voluto mostrare la difficile situazione dell’America Latina attraverso l’esempio di questo grande porto, oggi defraudato del suo antico ruolo di prospero crocevia del Pacifico. Valparaíso era ciò che oggi è Panama, e fu detronizzato dalla realizzazione nel canale negli anni Dieci. La povertà si è impadronita della città, morta come porto internazionale, ma con ancora una certa animazione come porto locale. La città è costruita su numerose colline, e ciò che mi ha affascinato sono i continui saliscendi sottolineati da innumerevoli scalinate e funicolari. Bisogna trasportare tutto in spalla dal basso. La vita è faticosa e difficile. Ma la gente vuole vivere. Il movimento delle funicolari ritma in modo strano l’esistenza. Accade qualcosa a ogni livello, in questa strana città terrazzata, con i suoi contrasti di povertà e falsa ricchezza. Io ho visto in Valparaíso il simbolo di ciò che si muove in America Latina. Pensate a quanto sarebbe accaduto di lì a poco proprio a Panama. Avevo giusto notato una curiosa caricatura pres-so la Biblioteca Nazionale di Santiago: si vedeva lo zio Sam che piantava un chiodo sulla cartina di Panama. Ho preso questa immagine, che si è rivelata profetica. Mi hanno detto che ho il 'fiuto' del futuro. In effetti, nei documentari, se si vuole raggiungere la verità nello sviluppo dinamico del racconto, bisogna approfondire l'attualità per arrivare alla verità storica. Il mio miglior sceneggiatore è la storia.
Joris Ivens, Avec Joris Ivens à la chasse au Mistral, intervista di Michel Capdenac,
"Les Lettres françaises", n. 1034, 18 giugno 1964
I wanted to illustrate Latin America’s difficulties through the example of this great seaport, now dispossessed of the prosperity it enjoyed when it reigned as the gateway to the Pacific. Valparaíso was then what Panama is today, but it was dethroned by the canal in 1910s. Poverty overtook the city as its role as an international port declined, although still today it maintains a certain vitality as a local port. The city is built on a series of hills and I was fascinated by its countless steep stairways and funicular railways. Everything has to be carried up. Life is tough and tiring. But people want to live. The rhythm of the funicular in a strange way sets the rhythm for living. Something is going on at every level in this strange, terraced city, with its contrast between poverty and false wealth. I saw Valparaíso as a symbol of what animates Latin America and of what was about to happen to Panama. I had just seen an odd caricature at the National Library in Santiago, showing Uncle Sam driving a nail into a map of Panama. I held on to this image, which was to prove prophetic. They said I had ‘a nose’ for the future. In fact, if a documentary wants to arrive at the heart of the dynamic development of the story it is telling, it needs to go beyond the topical events and delve into its history. History is my major screenwriter.
Joris Ivens, Avec Joris Ivens à la chasse au Mistral, interview with Michel Capdenac,
“Les Lettres françaises”, n. 1034, June 18, 1964
LA SIXIÈME FACE DU PENTAGONE (Francia/1968) R.: Chris Marker e François Reichenbach. D.: 25’
T. int.: The Sixth Face of the Pentagon. F.: François Reichenbach, Chris Marker, Christian Odasso, Tony Daval. M.: Carlos de los Llanos. Su.: Antoine Bonfanti. Prod.: Chris Marker, Catherine e Pierre Braunberger per SLON, France-Opéra Films, Film de la Pléiade. DCP. D.: 25'. Col. Versione francese e inglese / French and English version
Da: Les Films du Jeudi
Un anno dopo aver contribuito a fondare il gruppo SLON (Société de Lancement des OEuvres Nouvelles) e dopo il collettivo Loin du Viêt-nam, Chris Marker filma in 16mm il giorno di un'utopia: il 21 ottobre 1968 centomila giovani studenti e una minoranza di hippy che rifiutano la guerra del Vietnam, "rompono con la tradizione delle marce platoniche", e trentacinquemila di loro entrano nel sacro spazio militare del Pentagono, illudendosi di "paralizzare per un istante la macchina da guerra". A distanza di quarantacinque anni il mediometraggio realizzato da Marker con l'apporto di vari operatori (fra i quali François Reichenbach) condensa l'utopia di una generazione: quella dei giovani studenti americani che bruciano i fogli matricolari in un rito liberatorio (che costerà loro cinque anni di prigione) e protestano contro l'orrore di una guerra di cui hanno riconosciuto l'assurdità, allestendo piccoli spettacoli di mimi e canzoni, ascoltando gli oratori che li incitano a ribellarsi contro la guerra in un happening festoso e pacifico. Marker ritrae i volti di questi ragazzi che sognano di cambiare il mondo ma filma anche i lineamenti dei neonazisti statunitensi, che sembrano discendenti dei loro antesignani tedeschi. Riassumono il loro 'pensiero' in una scritta - "Gasate i Viet" - al cui proposito Marker commenta: "il loro argomento è lo stesso dei generali". Nello stesso spazio, divenuto emblematico, ci sono anche altre Americhe e Marker riprende scene che definisce di "follia americana": un prete che tuona da un pulpito improvvisato contro il comunismo ateo, con la scritta sottostante "fate prima la guerra e poi l'amore", intanto "gli altoparlanti fanno dialettica e gli hippy esorcizzano". Poi sfilano gli ex combattenti, alcuni della seconda guerra mondiale, altri, molto più giovani, già reduci dal Vietnam. Nel commento over Marker racconta anche come si sia sviluppata la rivolta e ricorda il caso dell'Università di Brooklyn, tradizionalmente tranquilla, dove è sciaguratamente intervenuta la polizia per reprimere pochi ribelli provocando un'insurrezione generale in loro difesa: "eterna stupidità dei poteri". Ma anche i soldati, resi anonimi da elmi e uniformi, sono poco più che ragazzi e l'autore si sofferma su una fotografia in bianco e nero dove una giovane tende una rosa ai militi, poi la getta ai loro piedi dicendo "Nessuno di voi avrà il coraggio di raccogliere un fiore". Poi il clou: una dozzina di manifestanti si accorge di un varco nel servizio d'ordine e ne approfitta, arrivando sulla soglia di una porta del Pentagono, dove però vengono malmenati dai militari. Uno dei manifestanti sanguina copiosamente dalla testa ma non si ferma: il primo piano del suo volto indignato diventerà anche una celebre inquadratura ripresa in Le Fond de l'air est rouge (1977).
Roberto Chiesi
A year after helping set up the group SLON (Société de Lancement des OEuvres Nouvelles), and subsequent to the collective effort Loin du Viêt-nam, Chris Marker made a 16mm film commemorating a day of utopia: on October 21, 1968 one hundred thousand young students, flanked by a smaller group of hippies, repudiated the war in Vietnam, "breaking with the tradition of Platonic marches". Thirty-five thousand of them breached that sacred military space known as the Pentagon, thinking they would be able "for one instant to paralyze the War Machine". Fortyfive years later, Marker's medium-length film, made with the help of a number of cameramen, including François Reichenbach, sums up the utopia of a generation. Young American students burned their draft cards in a rite of freedom (an act which would cost them five years in jail) and protested against a war they recognized as absurd in a peaceful and celebratory 'happening'. The event included performances, mime shows and concerts, and rousing speeches inciting them to rebel against the war. Marker records the faces of these kids who dreamed of changing the world, but also the features of their American neo-Nazi antagonists, who look like direct descendents of their German forebears, their credo summed up in a sign: "Gas the Vietnamese". Marker commented that, "their arguments are the same as the generals". It became emblematic at the time that there were many different "Americas", and Marker filmed scenes that defined the "American madness": a preacher thundering from an improvised pulpit against communist atheism, with a sign saying, "first make war and then make love", while "loudspeakers spout dialectics and hippies exorcize". Then there is a veterans' parade, with some soldiers from the Second World War, and others, much younger, already returned from Viet Nam. In the voice-over, Marker tells how the protest came to be organized and reminds us of the story from Brooklyn University, traditionally a peaceful campus, where the deplorable action by the police to repress a handful of protesters resulted in a major insurrection in their defense: "the eternal stupidity of the powerful". But even the soldiers, rendered anonymous in their uniforms and helmets, are little more than children. The director pauses on a black and white photo of a youth holding out a rose to the soldiers, and then throwing it to the ground, declaring, "None of you even have the courage to pick a flower". And the key scene: a dozen protesters notice a gap in the wall of police and take advantage to attempt to storm the Pentagon, getting as far as the entrance, where they are beaten back by police. One of the protesters, bleeding profusely from a head wound, refuses to be stopped. The close up on his indignant face was also to become one of the most famous images in Le Fond de l'air est rouge (1977).
Roberto Chiesi
Tariffe:
Aria condizionata
Accesso disabili
Tel. 051 522285