Dossier Pasolini - Il laboratorio dell'inferno di Salò
A cura di Roberto Chiesi
Ultime notizie dal fondo Pasolini e presentazione del volume My Cinema
"Mi sono innamorato di questa sceneggiatura proprio al momento in cui ho pensato di trasporre questo film nella Repubblica di Salò. [...] È stata l'idea creatrice del film. [...] È venuta una specie di coreografia nazifascista completamente onirica in quanto non c'è un saluto romano, non c'è uno che si metta sull'attenti, non c'è un ritratto del Duce, non si nomina mai niente, si nomina solo la parola 'Salò' e la parola 'Marzabotto', due nomi. [...] Questo non è un film didascalico. Chi vuol comprendere, comprenda, chi ha orecchie per intendere, intenda. In realtà questo film si presenta come visionario".
Sono alcune dichiarazioni rilasciate da Pier Paolo Pasolini durante l'unica conferenza stampa che tenne per il suo ultimo film, Salò o le 120 giornate di Sodoma, la cui registrazione, recentemente ritrovata, è uno dei materiali d'archivio che vengono presentati nell'ambito del dossier curato dal Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini della Cineteca di Bologna sul 'laboratorio' del film. Un laboratorio particolarmente complesso perché Salò fu l'unico film che Pasolini realizzò senza averne scritto la sceneggiatura ma basandosi su un copione largamente modificato durante le riprese, come un work in progress, e in sede di montaggio e doppiaggio. Grazie alle fotografie di scena e di set di Deborah Beer, in parte inedite, e ad alcuni documenti della lavorazione (come il copione della segretaria di edizione Beatrice Banfi e annotazioni autografe di Pasolini), il dossier mostra la maggiore ampiezza narrativa che in origine avrebbe dovuto avere il prologo - l'Antinferno -, alcuni squarci dell'atroce 'quotidiano' della villa degli orrori, le foto del finale previsto originariamente - il ballo di tutta la troupe e il disvelamento del set - e alcune immagini successivamente tagliate - dello sterminio delle vittime, una raffigurazione dei supplizi infernali che evoca la tradizione medievale ma allude all'orrore indifferenziato del presente.
Roberto Chiesi
"I fell in love with this script right at the moment when I thought about transposing the film to the Repubblica di Salò. [...] It was the creative idea behind the film. [...] A type of Nazifascist choreography appeared, completely dreamlike in as much as there is no Roman greeting, there is nobody standing to attention, no portrait of Mussolini, nothing is ever mentioned, apart from the word 'Salò' and the word 'Marzabotto', two names. [...] This is not a didactic film. Those who want to understand, understand; those have an ear for meaning, get the meaning. In reality, this film presents itself as a visionary film".
They are some statements made by Pier Paolo Pasolini during the only press conference that he held for his final film, Salò or the 120 days of Sodom, whose recently discovered recording of is one of the archive materials that is presented in the dossier of Cineteca di Bologna, Centro Studi - Archivio Pier Paolo Pasolini on the 'laboratory' of the film. A particularly complicated laboratory because Salò was the only film that Pasolini made without writing a screenplay but by modifying the script during the filming, as a work in progress, during the editing and dubbing. Thanks to Deborah Beer's partly unreleased scene and set photography and some documents of the work (like continuity supervisor Beatrice Banfi's script, and Pasolini's original annotations), the dossier shows: the wider narrative scope the prologue was originally supposed to have - Hell's entrance; some glimpses of the daily pain in the house of horrors; the photos of the originally planned endings - the dance of the whole crew and the revealing of the set; and some images of the extermination of the victims which were cut afterwards - a depiction of the hellish torture that is reminiscent of medieval times but refers to the undifferentiated horrors of the present.
Roberto Chiesi
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