L’emulsione conta: Orwo e Nová vlna (1963-1968)
Pytel Blech (Un sacco di pulci, 1963) di Vera Chytilová • Icárie XB-1 (Icarus XB-1, 1963) di Jindrich Polák • Až prijde kocour (C’era una volta un gatto, 1963) di Vojtech Jasný • Limonádový Joe (Lemonade Joe, 1964) di Oldrich Lipský • Sedmikrásky (Le margheritine, 1966) di Vera Chytilová • Dáma na kolejích (The Lady of the Lines, 1966) di Ladislav Rychman • Údolí vcel (The Valley of the Bees, 1967) di Frantis ek Vlácil
Al centro di questa nuova sezione ci sono la pellicola fotochimica e le sue caratteristiche visive. Alla sua origine sta invece una constatazione: e diventato sempre più difficile vedere film girati in 35mm in copie 35mm. Eppure il film e un evento estetico legato al suo supporto materiale, e in questo l’emulsione riveste un ruolo fondamentale. A dire il vero, nel caso di questa prima edizione, il programma dei film precedeva la sezione (fatto che nulla toglie alla legittimità di entrambi). Nell’autunno passato, infatti, ho chiesto ai colleghi di Praga di mostrarmi, insieme ai film del 1913 della collezione del Narodni Filmovy Archiv, una selezione di film cechi del 1963. Perché sempre cento anni fa e mai cinquanta? La richiesta fu che ci fosse qualcosa di interessante riguardante il colore, come in Margheritine del 1966, o che fossero in Cinemascope.Vladimir Opela mise insieme una lista di titoli stupefacente: Limonádový Joe, un western-musical satirico, con viraggi e imbibizioni; Údolí vcel, un capolavoro profondo e di grandissima attualità; l’elegante bianco e nero di Ikárie Xb 1, film che Kubrick ha sicuramente visto prima di realizzare 2001: Odissea nello spazio.Sulle scatole di tutti questi e di altri film leggevo, oltre al titolo e alla lunghezza, il nome della pellicola positiva: Orwo. Orwo sta per Original Wolfen, nome di un complesso industriale al nord di Lipsia dove una volta lavoravano 15.000 persone e che ancora oggi, col nome di Orwo Filmotec e con soli 22 impiegati, produce una gamma di pellicole 35mm in bianco e nero.
Mariann Lewinsky
Essendo un paese piuttosto piccolo, la Cecoslovacchia dovette ricorrere a ditte straniere per rifornirsi del materiale necessario a produrre e proiettare film. Dopo il 1945 cercò di rendersi autosufficiente producendo proiettori cinematografici, ma per tutto il resto, pellicola compresa, continuò a dipendere dalle importazioni.
La pellicola negativa a colori usata fino a buona parte degli anni Sessanta era l’Agfacolor della Germania Est. Tuttavia, fin dalla meta degli anni Cinquanta l’industria cinematografica cecoslovacca aveva cominciato a sperimentare con pellicole di altre case europee e con i prodotti Kodak alla ricerca di materiale migliore.Malgrado i tecnici cechi si lamentassero spesso della qualità, le copie finali continuarono a essere stampate prevalentemente su pellicola Agfacolor (dalla metà degli anni Sessanta Orwocolor) prodotta a Est, più economica e facilmente reperibile. La necessità di una pellicola negativa di qualità superiore, soprattutto per la produzione in widescreen, creò le condizioni per una proficua sperimentazione: nei laboratori cechi furono sviluppate combinazioni di negativo Eastmancolor e positivo Orwocolor, di negativo bianco e nero Kodak e positivo Orwo. Sembra tuttavia che alcuni registi, soprattutto quelli che si erano abituati a usarlo fin dagli anni Quaranta, continuassero a preferire il negativo Orwo e Orwocolor.
Il problema della pellicola cinematografica nella Cecoslovacchia del dopoguerra non è stato ancora approfondito. Con questa rassegna speriamo di suscitare interesse per l’argomento. I sette film prodotti tra il 1963 e il 1968 presentano varie combinazioni di Orwo e Kodak e un diverso uso della pellicola a seconda della tecnologia impiegata, come il widescreen anamorfico o la simulazione di imbibizione e viraggio.
Anna Batistova