Bigger Than Life: viaggio nel CinemaScope europeo
Da circa dieci anni il grande schermo dell’Arlecchino celebra i fasti del CinemaScope. Finora abbiamo mostrato soprattutto i film bigger than life realizzati negli Stati Uniti prima che il formato perdesse la sua forza innovatrice. Quest’anno l’attenzione è rivolta alla magia dello Scope europeo e alle diverse varianti di sistemi panoramici adottate nel nostro continente.
Beatrice Cenci (1956) di Riccardo Freda • La grande guerra (1959) di Mario Monicelli • Sammy Going South (Sammy va al sud, 1963) di Alexander Mackendrick • L’Aîné des Ferchaux (Lo sciacallo, 1963) di Jean-Pierre Melville • Szegénylegények (I disperati di Sandor, 1966) di Miklós Jancsó • Lyulskiy Dozhd (July Rain, 1966) di Marlen Khoutsiev • Pechki-lavochki (Il viaggio di Ivan Sergeevic, 1972) di Vasiliy Shukshin
Il gigantesco schermo dell’Arlecchino è una sfida: dobbiamo riempirlo con qualcosa di speciale e, nei casi migliori, con qualcosa che esisteva quando quel paesaggio da sogno è stato costruito: il CinemaScope, la meraviglia degli anni Cinquanta (e il tentativo più imponente di 'salvare il cinema’ dalla televisione). Per dieci anni ci siamo soffermati soprattutto sui film americani (ostinandoci sui tre o quattro anni estremamente creativi prima della stagnazione), ed è dunque ora di dare un’occhiata allo ‘scope’ europeo e alla varietà dei sistemi widescreen sviluppati nel nostro continente (franscope, agascope, ovscope...).
Il nostro viaggio nello ‘scope’ europeo comprenderà mirabili film dell’Europa orientale e occidentale. L’Unione Sovietica e i paesi socialisti contribuirono enormemente ad arricchire il cinema di quel decennio, costruendo una cartografia – perché l’ampiezza dello schermo permetteva di ampliare i livelli nascosti – delle promesse e delle devastazioni del socialismo. Lo schermo rese tangibili i grandi ideali e la quotidianità prosaica del realsocialismo, e tra le più belle storie d’avventura di quel decennio vi furono film polacchi, cechi, ungheresi. Mi addolora che questa edizione non riesca a presentare film polacchi, ma in compenso la serie dedicata alla Orwo comprende vari ‘scope’ cechi: Až přijde kocour (Un giorno, un gatto), Icárie XB 1 (Icaro XB 1), Limonádový Joe aneb Koňská Opera (Lemonade Joe) e Údolí včel (La valle delle api).
Mostreremo due splendidi film sovietici, Ijul’skij Dožd’ [Pioggia di luglio] di Marlen Chuciev, grande film della ‘nouvelle vague’ russa, e una delle migliori opere di Vasilij Šukšin, Pečki-lavočki (Il viaggio di Ivan Sergeevič): le strade urbane (Chuciev) e il treno (Šukšin) come solo il formato panoramico può mostrarli. Accanto a questi felicissimi risultati, un capolavoro ungherese: The Round-Up, spietata analisi della macchina del terrore che portò Miklós Jancsó alla ribalta del cinema mondiale.
L’Occidente è presentato con lo stesso spirito di stupore e scoperta: L'Aîné des Ferchaux, di Jean-Pierre Melville, singolare adattamento di Simenon; La grande guerra di Mario Monicelli, che diede un rivoluzionario scossone al film di guerra; Sammy Going South di Alexander Mackendrick, straordinaria esplorazione dell’animo infantile. Film, questi, resi possibili proprio dall’uso visionario del formato ‘scope’.
Peter von Bagh
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