B. PREMESSA GENERALE

1. Obiettivi

2. Che cos'è la pubblicità di cinema: categorie, iter, strategie

3. Standard catalografici di riferimento per manifesti, locandine e fotobuste

3.1 Gli standard esaminati
3.2 Confronto
3.2.1 La scelta del titolo
3.2.2 La scelta dell'editore
3.2.3 L'area delle note
3.2.4 Gli accessi

4. Standard catalografici di riferimento per guide pubblicitarie


1. OBIETTIVI

Scopo di questo lavoro è definire le specificità del materiale grafico e promozionale a stampa (prevalentemente destinato all’affissione pubblica interna o esterna) per la pubblicità cinematografica in funzione del loro trattamento descrittivo e catalografico all’interno della Cineteca e a livello sperimentale dentro il Polo Bibliotecario Bolognese. Di tale materiale, che include varie tipologie, sono stati presi in esame i manifesti illustrati (sono esclusi quindi dalla seguente trattazione i manifesti tipografici o letterari del periodo del muto) le locandine, le fotobuste (su carta o su cartone) e le guide pubblicitarie. È pertanto esclusa la trattazione di altri materiali pubblicitari a stampa come brossure, cartelle stampa, dossier per festival, annunci su periodici, biglietti di invito, cartoline postali, francobolli e bozzetti grafici e fotografici.

2. CHE COS’È LA PUBBLICITÀ DI CINEMA: CATEGORIE, ITER, STRATEGIE

Quando si parla di lancio pubblicitario di un film ci si riferisce a una serie di operazioni pianificate che, coinvolgendo varie figure professionali e impiegando varie tecniche comunicative, precedono, preparano e accompagnano l’uscita e la programmazione del film nelle sale.

La strategia adottata per il lancio pubblicitario di un film riveste un ruolo fondamentale per il suo successo. E’ negli Stati Uniti che nascono, all’inizio del secolo scorso, le prime case di produzione cinematografica e di distribuzione; con esse prendono corpo le prime tipografie specializzate in materiale pubblicitario di cinema, nonché le prime figure di disegnatori professionisti del cartellone cinematografico. E’ quindi un percorso parallelo quello che vede affiancate la nascita del cinema come industria e lo sviluppo delle tecniche pubblicitarie da cui dipende l’efficacia di un lancio. Il ricorso all’utilizzo di manifesti, locandine e di altro materiale da affissione interno o esterno ai locali, è motivato dall’intenzione di rivolgersi al pubblico direttamente e senza intermediazioni, applicando quindi una strategia di comunicazione palese. Il ricorso alla stampa settimanale e scandalistica o ad altro elemento paratestuale (1) come tramite per veicolare il messaggio, risponde alla volontà di porre un’intermediazione al contatto con il pubblico secondo una tecnica di pubblicità definita occulta. Affiancando e prolungando la produzione e il consumo del prodotto culturale film, questa tecnica di pubblicità gioca un ruolo fondamentale nella creazione di un patrimonio di “conoscenze enciclopediche extratestuali” (2) che in parte condiziona scelte e orienta gusti.
Ma anche il luogo in cui si esercitano le forme della pubblicità è elemento di ulteriore caratterizzazione: i prodotti destinati alle strade e agli esterni dei locali sono molto visibili e dotati di una forza comunicativa basata sull’annuncio e sull’immagine evocativa, mentre quelli destinati all’interno dei locali sono dotati di una funzione narrativa più esplicita.

Il lancio pubblicitario di un film è, quindi, un fenomeno molto articolato: le sue regole e la sua fisionomia, così come la conosciamo oggi anche dall’esame di documenti d’epoca, iniziano a definirsi fra gli anni ‘20 anni e gli anni ‘30 del secolo scorso, periodo dominato, negli Stati Uniti, dallo sviluppo dell’assetto industriale del settore con la conseguente evoluzione delle strategie di marketing, produzione e promozione di un film che investiranno, di riflesso, anche la realtà Europea. “L’organizzazione della pubblicità cinematografica europea si basa in larga misura sulla produzione americana” si scriveva in una rivista di cinema nel 1938 (3). Sullo sfondo motivi economici: per il film statunitense il mercato italiano era un mercato sussidiario, per il film italiano il mercato nazionale era l’unico mercato. “Un film straniero costa all’importatore un terzo di ciò che costa al produttore il film italiano. Di qui la convenienza a importare e a dedicare al lancio del film importato molto più di quanto non sia consentito al produttore italiano per il film nazionale” (4). Negli Stati Uniti, in una prima fase, il materiale pubblicitario di un film veniva pensato e prodotto direttamente dalle case di produzione cinematografiche. In questo processo complesso grande ruolo veniva svolto dai capi di dipartimento di pubblicità delle singole imprese (5).
In seguito, sempre più spesso si affiderà la realizzazione del materiale da affissione ad agenzie esterne sempre e comunque controllandone il processo di ideazione e le strategie. Negli anni ‘50 ogni studio di Hollywood commissionava il lavoro a una certa impresa e ogni impresa aveva i suoi pittori.
Fondamentale rimane comunque il lavoro congiunto fra la produzione e la distribuzione (molto spesso coincidenti, almeno per le grosse Major), così come emerge e dall’analisi dei principi economici e strategici di settore (6) e dalla stampa del periodo: “Negli USA le singole produzioni si appoggiano alle grandi organizzazioni di noleggio per la definizione degli elementi di lancio” (7). Dal 1946 al 1948 le case di produzione statunitensi producono oltre 600 film, in gran parte distribuiti anche sul mercato estero, e questo è il momento in cui ogni singola casa cinematografica crea un proprio look. In questo contesto il ruolo assunto dalla distribuzione nella predisposizione dei vari elementi del lancio di un film è quello di costituire il trait d’union fra la produzione e la realtà nazionale e locale alla quale il film è destinato.
“Le case di distribuzione, nel confezionare i manifesti e altro materiale propagandistico, si basavano su tecniche di comunicazione di massa tenendo conto della psicologia e della cultura di riferimento del pubblico a cui si rivolgevano. A differenza del film – che rimane quello che è – nel caso di opere straniere il manifesto e la locandina si adatta alla cultura ospitante, denunciando non solo i sogni di chi ha concepito il film ma anche di quella che lo riceve” (8).
Con una serie di operazioni a metà strada fra il marketing e la pubblicità, le strategie per la promozione di un film vanno così a coinvolgere più categorie di destinatari: il pubblico, che deve andare a vedere il film, ma prima ancora l’esercente della sala cinematografica, da convincere ad inserire in programmazione il film o l’intero pacchetto di titoli presente in listino. A quest’ultima categoria sono dedicate le guide pubblicitarie da noi analizzate “vere e proprie miniere di idee e di schemi di lancio” (9), che costituiscono una delle fonti di informazioni principale sulle forme della pubblicità di cinema. Le grosse produzioni cinematografiche statunitensi iniziano a pensare e a lavorare al lancio mesi prima della messa in commercio del film e in tal senso la distinzione fra la situazione oltre oceano e la nostra realtà è particolarmente evidente, così come testimoniato dalla stampa specializzata alla fine degli anni trenta: “Dal punto di vista dell’organizzazione tecnica lanciare un film in Italia presupone d’impostare ex novo tutto: affisso, brochure, articolo. Inoltre gli uffici stampa del produttore o noleggiatore in Italia riassumono il più delle volte, in un’unica persona obbligata ad avere tutte le qualità che altrove sono distribuite in un pool di persone” (10). La scelta e la realizzazione dell’immagine è particolarmente importante poiché ad essa sarà affidato il compito di veicolare il film. In questa fase un ruolo decisivo riveste il rapporto fra direttore dell’ufficio stampa o di propaganda e pubblicità della casa di produzione e il disegnatore o pittore di cinema (chiamato anche cartellonista (11) al pari dei colleghi che realizzavano cartelli pubblicitari commerciali) che dovrà formulare i primi disegni basandosi sulle atmosfere o sul tema della sceneggiatura o, se la produzione è già in fase avanzata, attraverso l’elaborazione di fotogrammi o altro materiale tratto dal film, trasmessogli direttamente dall’ufficio stampa o dalla casa di produzione.
Successivamente, scelta l’immagine (ma possono essere coinvolti anche più disegnatori e possono essere utilizzate immagini diverse a seconda del formato dell’affisso) il lavoro passa alla stampa. In questa fase, per la buona riuscita del prodotto, riveste particolare importanza il rapporto fra disegnatore e stampatore o tipografia anche in considerazione delle trasformazioni tecnologiche attuate nel secolo scorso, che faranno emergere nuove professionalità (ad esempio il progettista grafico) o, al contrario, affosseranno quelle esistenti (ad esempio i disegnatori di lastre litografiche). Emerge comunque l’importanza del ruolo assunto dalle tipografie che, spesso, rispondevano anche della grafica generale del documento, curando e impaginazione e soluzioni tecniche.
Scelta l’immagine, le frasi di lancio e le tipologie dei materiali da destinare alla stampa e all’affissione, le grosse case di distribuzione e produzione riproducevano e/o elencavano l’intero corpus del corredo nelle guide pubblicitarie destinate all’importatore e all’esercente che a questo punto avevano il compito “di scegliere e coordinare il materiale in base alla spesa preventivata e in base ai criteri di opportunità suggeriti dal mercato italiano” (12). Come già rilevato, queste guide sono un punto di riferimento indispensabile per la ricostruzione quantitativa (quali e quanti manifesti, quali e quanti formati) e qualitativa (firma di grafici e illustratori) dell’intero corpus del corredo grafico di un film destinato al mercato estero e utile strumento per conoscere le strategie adottate per il lancio di un prodotto cinematografico.

L’analisi di queste guide completa il quadro del materiale grafico impiegato per la pubblicità di un film che può essere così suddiviso in base alla funzione e alla destinazione:

Materiale per l’affissione interna ed esterna (comunicazione diretta con lo spettatore):
• manifesti nei vari formati in base alle destinazioni (strade o ingressi locali)
• locandine
• fotobuste
• sagome cartonate (13)
• cartelli (14)

Materiale per la distribuzione nelle sale cinematografiche (comunicazione diretta con lo spettatore):
• programmi di sala (15)
• volantini (16)

Materiale per la stampa e per la distribuzione (comunicazione mediata con lo spettatore):
• comunicati
• articoli e inserzioni
• flan (17)
• foto di scena e press book (18)
• brochure (19)

A questo corpus di materiale di natura grafica, fanno da corollario una serie di elementi paratestestuali che anticipano, affiancano e prolungano la produzione e il consumo del film: cineromanzi, cartoline, spartiti, dischi (delle colonne sonore particolarmente famose), gadgets, depliant e materiale per la stampa settimanale e per i rotocalchi, cui aggiungere, specialmente nei primi tempi, l’utilizzo di uomini sandwiches e di strilloni, i pupazzi automatici e altre forme di accessori di addobbo come le sagome e le insegne luminose. Più recente è invece l’utilizzo dei trailers proiettati in sala o attraverso i canali televisivi e i festival che raggiungono, senza mediazione, esercenti e grande pubblico attraverso il tam tam di stampa e televisione. Al lancio e alla promozione di un film, quindi, concorrono una cospicua varietà di materiali con caratteristiche mutevoli in base alla finalità, alle intenzioni comunicative, alle destinazioni, tutti fattori che veicolano gli aspetti formali ed estetici al pari del gusto e alla cultura dell’epoca, delle innovazioni nella tecnica di riproduzione e di stampa e delle trasformazione e sviluppo dell’industria cinematografica nei vari paesi. Qui ci occuperemo solo di alcune tipologie di materiali (quelli maggiormente rappresentati nell’Archivio Grafico della Cineteca di Bologna), ma ci è sembrato utile fornire, anche solo per brevi cenni, una rapida panoramica sull’iter e sulle altre forme di pubblicità e sul ruolo assunto dalle varie figure professionali coinvolte.

3. STANDARD CATALOGRAFICI DI RIFERIMENTO PER MANIFESTI, LOCANDINE E FOTOBUSTE

3.1 Gli standard esaminati
Gli standard descrittivi adottati per la catalogazione di manifesti, locandine e fotobuste derivano da quelli previsti dagli International Standard for Bibliographic Description for non book materials (Roma, Associazione italiana biblioteche, 1989) (ISBD(NBM) ), nella loro applicazione in SBN, opportunamente adeguati alle particolarità del materiale. Nel lavoro di adeguamento degli standard si è tenuto conto delle indicazioni contenute in Graphich Materials. Rules for Describing Original Items and Historical Collection (Library of Congress, 1982-1996) (GM) e in Guida alla catalogazione di bandi, manifesti e fogli volanti (Roma, ICCU, 1999). Gli standard sono comunque solo una parte del lavoro di catalogazione in quanto non incidono sulla scelta delle intestazioni, dei soggetti, dello sviluppo dei tracciati, sulla scelta dell’ordinamento, ecc. (qualificazioni, altri titoli, abstract…) (20). L’applicazione degli standard, pertanto, non impone la scelta degli accessi al documento, che sono di pertinenza dei codici di catalogazione. Per quanto riguarda gli accessi per autori e l’approccio semantico i riferimenti sono le Regole Italiane di Catalogazione per Autori (Roma, ICCU, 1982) (RICA), così come recepite dalla Guida alla catalogazione in SBN (Roma, ICCU, 1995), il Soggettario per i cataloghi delle Biblioteche italiane (Roma, ICCU, 1987 ) e le Linee guida per la redazione di abstract elaborate dal Gruppo di lavoro sugli abstract del Polo bibliotecario bolognese.
3.2 Confronto

È stato svolto uno studio comparativo dei tre manuali citati (21) da cui emergono alcune differenze di approccio:
• le GM sono pensate appositamente per il materiale grafico (e sono quindi una applicazione specifica delle AACR2 per questa tipologia di documenti);
• gli ISBD(NBM) accorpano tutti i materiali non librari, quindi con parti e caratteristiche tra loro molto differenti;
• la Guida alla catalogazione di bandi, manifesti e fogli volanti è riferita nello specifico a documenti di epoche non contemporanee e pertanto ha come base di riferimento gli standard di catalogazione del libro antico.
Punto comune dei tre manuali è la definizione del loro ambito di applicazione: gli standard hanno l’obiettivo di fornire la massima quantità di elementi descrittivi e di consentire una descrizione del documento che consenta di identificarlo in maniera univoca. È quindi fondamentale la riconoscibilità del documento singolo a partire dalla descrizione, oltre che per consentirne la reperibilità, anche per una condivisione catalografica. In particolare, come si definisce nelle GM, scopo della descrizione è quello di “offrire al ricercatore una identificazione del materiale la più completa possibile. Ciò si ottiene traducendo l’informazione visiva della natura fisica del materiale e del contenuto dell’immagine in linguaggio verbale” (22).
Tutti e tre i tipi di standard, essendo comunque un’applicazione di ISBD ad un contesto determinato, prevedono che la descrizione venga fatta seguendo un ordine degli elementi determinato, a partire da fonti prescritte, rispettando una punteggiatura predefinita, usata come simbolo convenzionale per indicare la natura dell’elemento descritto. Gli elementi della descrizione sono suddivisi in aree, all’interno delle quali è definito un ordine e uno schema di punteggiatura, e seguono pure un ordinamento standard. Le aree prescritte sono in linea di massima le stesse, con alcune differenze:

• gli ISBD(NBM), essendo standard il cui utilizzo è previsto per varie tipologie di materiale, prevedono anche l’utilizzo dell’area 2. (area dell’edizione, pubblicazione, distribuzione, ecc.);

• la Guida alla catalogazione di bandi, manifesti e fogli volanti, occupandosi di materiale a stampa non contemporaneo il cui trattamento è affine a quello del libro antico, non prevede l’utilizzo dell’area 6. (area della serie), in quanto non pertinente alla tipologia di materiale.

Si riscontra dunque una fondamentale uniformità strutturale tra i tre standard di riferimento, così come sono uniformi le definizioni che vengono date ai vari elementi di ogni area. Gli elementi delle singole aree sono definiti dal punto di vista formale, e nessuno degli standard entra nel merito di una definizione concettuale degli elementi stessi. Per cui, se da un lato ci sono alcuni concetti chiari e inequivocabili (responsabilità, stampatore, descrizione fisica… ) d’altro lato il materiale grafico di cinema da affissione, sia per la propria specificità che per la mancanza di un elemento equivalente al frontespizio, pone alcuni problemi nell’identificazione di alcuni degli elementi prescritti dagli standard. In particolare esaminiamo le problematiche relative all’individuazione del titolo proprio e dell’editore.

3.2.1 La scelta del titolo

“Il titolo proprio è il titolo che esprime il contenuto o la tipologia del documento ed è il primo elemento della descrizione” (23).
Il manifesto è un documento dalla particolare conformazione: esso si compone di parti testuali e parti figurali presenti su una stessa superficie con caratteristiche variabili, ed è destinato ad essere affisso ed esposto al pubblico con l’intento di informare su eventi, pubblicizzare prodotti, comunicare fatti, decisioni ecc. Definiamo con la locuzione ‘immagine grafica’ (24) la combinazione di testo e immagine che caratterizza documenti quali manifesti, locandine e fotobuste. Il rapporto fra testo e immagine varia a seconda dell’obiettivo comunicativo che il manifesto si prefigge e questo rende particolarmente complessa la scelta di un titolo proprio per questa tipologia di materiale. “Non si può parlare a proposito dei manifesti, di un vero e proprio titolo: si tratta in molti casi (come si è visto nei manifesti politici) di uno slogan, stampato con più evidenza, oppure del nome d’uno spettacolo, di un film, di un artista che può apparire come titolo del documento” (25).
In particolare, nel manifesto di cinema, la dominanza della componente figurativa è particolarmente evidente. Ad essa è affidato il compito principale di rappresentare situazioni, allusioni e significati che sono i principali responsabili della funzione persuasiva (convincere ad andare a vedere un film) per cui il documento è creato. Per quanto riguarda la parte testuale, è vero che essa contiene il titolo del film cui il manifesto è dedicato, ma spesso essa ha il solo compito di comunicare dati e informazioni (sala, cast, credits) e anche il titolo diventa elemento graficamente integrato alla parte figurale e simbolica. Può succedere, inoltre, che esista il manifesto di un film mai distribuito, che l’evidenza grafica prioritaria, anche per quanto riguarda la parte testuale, venga data a uno slogan, al nome di un attore o del personaggio e meno al titolo del film, o che esso compaia all’interno di frasi di cui diventa parte integrante. (esempio)

E’ comunque altrettanto vero che il manifesto, così come tutto il materiale pubblicitario di cinema, non esisterebbe e non avrebbe alcuna funzione comunicativa se non fosse per il film che pubblicizza. Tenuto conto di questa funzione, delle definizioni riportate nei manuali di riferimento e della facilità di accesso e individuazione del documento attraverso la scheda catalografica, si è optato per l’attribuzione costante del titolo del film come titolo proprio del documento: il titolo del film è infatti sempre presente, in genere con maggiore evidenza grafica rispetto ad altre parti testuali, e consente comunque una individuazione immediata del documento.

3.2.2 La scelta dell’editore
Tenendo conto del funzionamento della struttura del settore cinematografico, dei comparti che la costituiscono visti in funzione delle attività di promozione e commercializzazione del film e sulla base dello studio sulle differenti tipologie del materiale pubblicitario di cinema, si ritiene che il ruolo di editore, in quanto responsabile della pubblicazione e distribuzione al pubblico di questi prodotti, sia svolto in prevalenza dal distributore e/o dal produttore del film. Tuttavia, in mancanza di fonti precise che lo attestino di volta in volta, non è sempre possibile stabilire se tale ruolo sia svolto dal produttore o dal distributore i quali partecipano, in genere congiuntamente, alla determinazione delle strategie comunicative sottostanti il lancio di un film ed al processo di creazione e realizzazione dei relativi materiali pubblicitari (26).
3.2.3 L’area delle note
L’area delle note è stata utilizzata per registrare la parte testuale presente sul documento.
3.2.4 Gli accessi
E’ stato svolto uno studio relativo alla compilazione degli accessi e dei campi previsti dal tracciato catalografico in SBN, definendo i legami con autori (per i quali è prevista la compilazione del campo note), soggetti, altri titoli, bibliografia, possessori e la strutturazione di un abstract, in accordo con quanto definito dalle Linee guida elaborate dal gruppo di lavoro sugli abstract del Polo bibliotecario bolognese.

4. STANDARDS CATALOGRAFICI DI RIFERIMENTO PER LE GUIDE PUBBLICITARIE

La descrizione delle guide pubblicitarie prevede l’utilizzo degli ISBD(M). È stata svolta un’analisi sulle varie tipologie di formati, sulla natura del documento (è stata valutata la periodicità dell’uscita o il suo legame con pubblicazioni seriali), sui ruoli di autore ed editore, sui legami e sugli accessi e sulla redazione dell’abstract. Non sono state rilevate osservazioni particolari sulla natura concettuale delle informazioni, per cui l’applicazione degli ISBD(M), in fase di sperimentazione, è stata piuttosto lineare.
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