Tecniche di stampa <APRI>

La nascita del manifesto in generale è decretata dall’invenzione della stampa  responsabile della definizione di una delle più tipiche caratteristiche di questo genere di opera: la possibilità di essere riprodotto in più copie.
All’evoluzione delle tecniche di riproduzione e di stampa il manifesto rimarrà  sempre legato ma alcuni passaggi saranno particolarmente importanti per lo sviluppo delle sue qualità estetico formali e per la sua rapida affermazione come forma espressiva nell’epoca moderna. Una svolta importante è stata data dal passaggio dalle tecniche a rilievo e a incavo (xilografia, tipografia, calcografia) a un metodo di stampa su matrice piana inizialmente su pietra (litografia) e in seguito su zinco (zincografia) anche se la diffusione industriale del metodo litografico avverrà  soprattutto con la messa a punto della litografia a colori (cromolitografia) la cui applicazione su grandi macchine da stampa favorirà la tiratura di migliaia di esemplari al giorno. Sarà la Francia a perfezionare questa tecnica al cui procedimento si dedicheranno molti artisti, contribuendo a renderla un passaggio fondamentale per la  storia della grafica e dell’arte in generale. In Italia la produzione di manifesti si avvia su questo stesso piano industriale solo a partire dal 1890.
La sostituzione della lastra di pietra con una matrice di zinco renderà possibile la costruzione, già verso il 1840, delle prime macchine piano cilindriche, preludio alla diffusione dell’offset che s’imporrà in modo massiccio negli anni Sessanta e Settanta  dello scorso secolo. Nell’offset, infatti, la stampa non avviene più direttamente fra la lastra di zinco e la carta, ma attraverso un interposto cilindro di caucciù che riporta il segno sulla carta.
Già a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, oltre all’evoluzione dell’industria grafica, anche i progressi della tecnica fotografica  porteranno sempre più rapidamente alla sostituzione della stampa in incavo o rilievo con la stampa in piano. Quest’ultima raggiungerà alti livelli di affidabilità e qualità e velocizzerà i vari procedimenti interni necessari alla stampa che fino ad allora erano rimasti  comunque laboriosi: ad esempio verrà eliminata via via la correzione manuale sulla pietra, sostituita dalla correzione su negativo fotografico. Ruolo fondamentale in questo processo di velocizzazione  venne svolto anche dall’introduzione, grazie all’elettronica,  della fotocomposizione e alla sua rapida diffusione a partire dagli anni Settanta: il suo impiego non rese più necessario comporre i testi in piombo ma fu possibile farlo direttamente e in un’unica riproduzione soddisfacente su acetato.
Le conseguenze di tutti questi passaggi saranno rilevanti  sia sotto il profilo della qualità dell’immagine, poiché aumenteranno la possibilità di utilizzo dei colori e di riproduzione di ogni particolare anche pittorico, sia per quanto riguarda la accresciuta possibilità di tiratura e velocità della riproduzione. Non solo, ma anche il profilo professionale dell’autore di manifesto subirà una trasformazione,  diventando sempre meno “pittore” e sempre più grafico in grado di progettare un prodotto che si avvia ad essere decisamente commerciale di pari passo con la diffusione sempre più allargata dell’informazione e della pubblicità che faranno del manifesto uno dei media maggiormente usati nel secondo dopoguerra.

Le considerazioni generali fin qui esposte valgono ovviamente anche per la storia e l’evoluzione della grafica pubblicitaria di cinema: manifesti, locandine, fotobuste e altri prodotti  realizzati per pubblicizzare i film s’inseriscono nel solco della storia della stampa e della grafica in generale di cui  riflettono le variazioni inserendole all’interno del modello organizzativo rappresentato dall’industria cinematografica.
In Italia prima del ’46,  manifesti e altro materiale da affissione relativo al  cinema sono realizzati a mano tramite riproduzione su pietra o zinco (litografia e zincografia). Il passaggio dall’utilizzo della pietra a quello dello zinco permetterà un maggiore numero di tiratura. L’iter prevedeva che, una volta approvato il progetto relativo alla pubblicità di un film (vedi B2), si realizzasse la maquette del manifesto nel formato reale, un disegno monumentale, cioè, su un telaio anche di molti metri. Nella stamperia il disegnatore litografo riportava il disegno su pietra o su zinco e stabiliva ogni passaggio di colore. In genere la scelta dei colori era limitata  (solitamente cinque, uno per matrice).  Questa tecnica diede origine alla figura del disegnatore di lastre che era colui che interpretava in bozzetto e lo  scomponeva nei colori primari, figura destinata a scomparire successivamente all’introduzione della stampa offset e alla diffusione della fotocomposizione anche in questo settore (il cinema) che nel nostro paese avvenne fra il 1945 e il 1960. Le conseguenze nate dalla  possibilità di fare una riproduzione fotografica su lastra sono enormi: come abbiamo già rilevato, cade, innanzitutto, ogni sorta di limitazione nella rappresentazione fedele dell’immagine e qualsiasi pennellata può essere riprodotta. C’è da rilevare che l’utilizzo dell’offset non in grande scala era praticato anche prima di queste date, quindi non è raro trovare esemplari stampati in offset anche in date anteriori. Viceversa l’uso generale della litografia nel manifesto di cinema venne praticato in alcuni paesi fra cui la Francia, anche per tutti gli anni ’60 e solo a partire da queste date si assiste alla diffusione capillare della fotomeccanica nei prodotti di affissione sia di cinema che di altri settori.

Principali tecniche di stampa nell’ambito della produzione di materiale di  pubblicità di cinema

Più che un approfondimento tecnico preciso sui vari sistemi di stampa  si cercherà di  fornire una conoscenza di base vista soprattutto in relazione alla possibilità di riconoscere le varie tecniche dall’analisi delle caratteristiche del documento consapevoli che solo l’esperienza pratica e la comparazione fra documenti può aiutare chiarire i frequenti dubbi.

Cromolitografia <APRI>

La cromolitografia non è una vera e propria tecnica a sé stante ma più precisamente un'evoluzione della litografia. Il cromatismo si ottiene realizzando una matrice litografica per ogni colore necessario alla composizione dell'immagine. Il numero delle matrici dipende quindi dal numero dei colori e da questo dipende il risultato estetico finale. La loro sovrapposizione conferisce alla cromolitografia una lucidità sempre maggiore. La tecnica litografica manuale ha avuto un grandissimo uso in tipografia per tutto il XIX secolo e si è protratto per i primi decenni del XX secolo, soppiantata gradualmente dalla fotolitografia. Tecnica molto utilizzata per la riproduzione di illustrazioni nei libri, per materiale da imballaggio, etichette e decorazioni di pareti. Il procedimento della cromolitografia dal punto di vista strettamente artistico permette di ottenere molte sfumature e colori brillanti, nonché di raggiungere la precisione quasi fotografica dei dettagli. La novità più importante, comunque, è legata alla possibilità di stampare molte immagini a colori in poco tempo e a basso costo.

Eliografia <APRI>

Tecnica di stampa tipografica basata sul principio dell' acquatinta dove la matrice in metallo viene rivestita a caldo con grani di resina e successivamente incisa con acido. Il procedimento si avvale di tecniche fotografiche e parte da una prima riproduzione su lastra in vetro; si esegue poi, per contatto diretto, un trasferimento dell'immagine mediante esposizione ad una fonte luminosa su carta con gelatina fotosensibile, immergendo la carta in acqua si elimina la gelatina non esposta. Si prende quindi la lastra di metallo preventivamente rivestita con la resina in grani  e vi si applica la carta fotosensibile impressionata. Questo contatto trasferisce la gelatina esposta (e quindi l'immagine) dalla carta alla lastra. Immergendo quest'ultima in acido si esegue la morsura.
L eliografia presenta le caratteristiche dell' incisione calcografica e cioè l' impronta della lastra. Analizzando l'immagine si evidenzia la struttura fine dell'acquatinta con i toni sfumati. Talvolta è difficoltoso distinguerla dalle tecniche manuali.

Fotoincisione <APRI>

Tecnica di lavorazione del metallo che permette anche di ridurre lo spessore, creare solchi, tagli, fori o figure complesse. L’immagine da incidere viene stampata su pellicola  posta poi su una lamina di metallo fotosensibilizzata. Esposta ai raggi UVA, l’inchiostro farà da schermo

Fotolitografia <APRI>

Procedimento di riproduzione fotomeccanica di un’immagine finalizzato alla realizzazione della pellicola che serve per preparare la matrice della stampa planografica diretta (litografia) o indiretta (offset). La tecnica si è sviluppata  verso la fine del XIX secolo consiste nel trasferimento fotografico, mediante gelatine fotosensibili a base di albume e bicromato, su di una pietra litografica successivamente sostituita da una lastra metallica (zinco, alluminio, lega). Esposta a una fonte  luminosa la pellicola lascia passare la luce solo nelle zone in cui non reca l’immagine, impressionando la lastra o la pietra sottostante.  L'immagine fotografica ottiene gli effetti tonali mediante una retinatura inizialmente simile alla trama di una garza poi ad un intreccio complesso e sempre più regolare, retinatura ben visibile con il contafili.
Attualmente l’immagine per la pellicola, precedentemente fotografata con un normale apparecchio fotografico, si ottiene con l’uso dello scanner che attua una lettura digitale dell’immagine da riprodurre.

Litografia <APRI>

La stampa litografica si basa sulla reciproca repulsione fra l'acqua e le sostanze grasse. La tecnica fu messa a punto e al servizio della stampa alla fine del ‘700. Materiale basilare è la pietra litografica dalla struttura granulare più o meno fine ma molto regolare. Gli strumenti utilizzati dall'artista (matita, gessetto, inchiostro, penne, pennelli) per realizzare il proprio disegno sulla lastra non sono destinati a inciderla, ma solo a lasciarvi un segno. Il mezzo meccanico per la stampa dei fogli dalla matrice ormai pronta sarà anzitutto il torchio litografico, ma anche la normale macchina offset, per quanto riguarda le lastre di zinco e di alluminio
Il disegno per l'incisione viene eseguito esattamente come se si stesse usando la matita sulla carta da disegno. La differenza del risultato sta nel fatto che il disegno, invece di prendere la grana del foglio di carta prende quella, più fine, della pietra o della lastra di metallo.
Fatto il disegno con le eventuali correzioni la lastra passa allo stampatore litografo che con una serie di procedure fisserà sulla pietra il grosso della matita litografica. Poi si va ad inchiostrare la lastra: l'inchiostro, che è grasso, viene respinto dalle zone bagnate dall'acqua e aderisce solo a quelle segnate dalla matita litografica. La pietra viene inumidita e inchiostrata a ogni tiratura.
A differenza di quanto accade per altre tecniche di stampa la figura artistica del litografo è indipendente dal processo di stampa: anche senza particolari conoscenze tecniche l’artista può disegnare direttamente sulla pietra e lasciare la preparazione della matrice e la stampa vera e propria ad un esperto senza che la sua opera ne risulti sminuita. Ciò spiega in parte la grande diffusione di questa tecnica presso pittori e artisti in genere che si rivolgono a uno stampatore professionista per curare la propria opera in modo ottimale.
E’ attorno al 1870 che la tecnica litografica produsse i primi manifesti a più colori e le prime copertine di libri con uno stile che privilegiava, anche sotto l’influenza delle stampe giapponesi allora di moda, colori pastellati piatti. A questo modello di stesura cromatica guarderanno intere generazioni di artisti successivi, ma anche la possibilità di forme colore stampate le une sulle altre creerà una grande gamma di variazione di sfumature.
Il pregio della litografia è quello di  presentare superfici cromatiche compatte che, a differenza dell’offset, non lasciano trasparire la retina del procedimento fotografico

Serigrafia <APRI>

La serigrafia, introdotta in Europa dall’Oriente nel XVI secolo, è dapprima usata per stampare tessuti e anche le prime applicazioni grafiche ad opera di inglesi e americani saranno adottate per stampare  materiali solidi e preconfezionati. Il primo brevetto della moderna macchina serigrafica è dell’inizio del 900.
Il metodo serigrafico si differenza dalla stampa a rilievo, in piano e in incavo, che trasferisce direttamente o indirettamente l’inchiostro dalla matrice al foglio. In serigrafia la matrice è una maglia di seta: l’inchiostro si trasferisce al supporto attraverso i fori della seta, se non sono stati preventivamente otturati.
Pregio della serigrafia è l’economicità, soprattutto con basse tirature, e la possibilità di stampare su qualsiasi supporto: carta, tessuti, vetro,  metallo, plastica, ecc.

Stampa offset <APRI>

E’ anche chiamata planografia o, impropriamente, litografia, intendendo con quest’ultimo termine,  la stampa che utilizza come matrice la pietra e di cui la stampa offset riprende il principio basato sulla repulsione fra acqua e grasso. Al  contrario di quanto succede in altri sistemi come la tipografia, il rotocalcografia e la serigrafia, in cui l’inchiostro è trasferito direttamente sulla carta, la caratteristica principale del sistema offset è che le parti stampate e quelle bianche si trovano sullo stesso piano: la forma, costituita da una lastra di metallo sulla quale vengono incise fotomeccanicamente le parti da stampare, dopo essere stata inchiostrata trasferisce l'immagine in un cilindro di gomma e questo a sua volta per pressione sulla carta. Il passaggio attraverso il cilindro di gomma e l’uso dell’acqua favorisce una diminuzione di densità di colore, inconveniente progressivamente superato con il perfezionamento della tecnica.
La stampa offset  presenta una retinatura in cui i  punti di retino circolari sono di diverse dimensioni ma della stessa intensità.

Stampa rotocalco <APRI>

Si tratta di un processo d’incisione dove l’inchiostro viene trasferito sulla carta attraverso un sistema modulare di cellette di diversa profondità. Più queste sono profonde più abbondante sarà l’inchiostro che possono contenere e più scura sarà la stampa. E’ questo il motivo principale della brillantezza della stampa rotocalco: l’inchiostro infatti non viene pressato (tipografia) o stampato per rimbalzo (offset) ma prelevato dalla carta mantenendo le caratteristiche di brillantezza e coprenza.
Inizialmente la stampa rotocalcografica veniva utilizzata per la riproduzione di immagini fotografiche che richiedevano una elevata fedeltà di resa e di sfumature. Nella prima metà del 900 questa tecnica si è trasformata in un procedimento molto versatile.
Il rotocalco si riconosce dalla tipica forma dei puntini della retinatura che generalmente hanno la stessa grandezza ma tonalità differenti. Nelle zone più scure il disegno del retino è difficilmente riconoscibile a causa della notevole quantità di inchiostro che spesso si spande sul foglio mentre nelle parti più chiare spesso l’inchiostro rimane solo ai bordi dei piccoli solchi del retino.
Dal punto di vista estetico la rotocalcografia riproduce e traduce le apparenze visibili dei segni fotografici in oggetti di volumetrica e vellutata seduzione visiva, dando modo all’immagine di disporsi in una sua dimensione tattile al cui effetto contribuiscono anche ragioni di tipo economico, come l’impiego della carta satinata nella stampa periodica degli anni di maggiore diffusione di questa tecnica (‘30 e ‘40).

Stampa tipografica <APRI>

E’ il metodo più antico: anche prima dell’invenzione di Gutenberg erano utilizzate delle forme incise nel legno (xilografie) le cui parti in rilievo venivano inchiostrate e pressate su carta. La principale caratteristica del sistema è che la forma è in rilievo, i bianchi sono incavati e la stampa avviene mediante pressione diretta della carta sulla forma inchiostrata generando, se osservata sotto ingrandimento, il classico effetto pressione sul bordo delle aree stampate. 

Zincografia <APRI>

Tecnica di incisione in rilievo su una superficie metallica. Il disegno è riportato a penna o a pennello su una lastra di metallo (rame o zinco), che viene immersa in successivi bagni di acido. si stampa l’immagine a rilievo,  con possibilità di ottenere diverse tonalità. La tecnica è chiamata anche gillotage.

Xilografia <APRI>

Per xilografia si intende sia la matrice di stampa che il prodotto finito (stampa). E’ la tecnica di stampa più antica e veniva inizialmente utilizzata nella stampa di tessuti. La matrice, in legno poco poroso, con venature sottili,  veniva scolpita mediante l'uso di coltelli, detti sgorbie. L'inchiostro, a base oleosa, veniva distribuito sulla matrice con un tampone. La stampa avveniva con un torchio che, con una modesta pressione, trasferiva l'inchiostro sul foglio.
La xilografia si riconosce facilmente da due elementi fondamentali: l'assenza dell'impronta della lastra; l'ombreggiatura. Quest'ultima, visibile sul retro della stampa, è causata dalla pressione del foglio sulla parte in rilievo e inchiostrata.